Quello che doveva essere un processo 'ordinato', seppure non del tutto indolore ma almeno senza eccessivi scossoni, si è tramutato in un complicato banco di prova e soprattutto in un test sui nervi del mercato. Le banche centrali, Fed e Bce in testa, si trovano ora a dover ponderare con particolare cautela tempi e modi con cui portare avanti il percorso di innalzamento dei tassi per contrastare un'inflazione tuttora persistente e difficile da domare, mentre l'economia si è rivelata più resiliente del previsto ma con prospettive offuscate da una maggiore incertezza sul grado di indebolimento che si sperimenterà nei prossimi mesi. A dimostrazione della complessità degli scenari, è esemplare il caso della Fed: dopo aver gelato i mercati annunciando a sorpresa la possibilità di dover accelerare il rialzo dei tassi, ha poi corretto il tiro all'indomani del crack della Silicon Valley Bank innescato proprio dall'aggressivo aumento dei tassi di interesse Usa che ha fatto crollare i rendimenti dei titoli di Stato.
Lo spettro di un contagio al sistema bancario ha spinto i trader a riconsiderare le aspettative per la riunione della Fed del 21-22 marzo e ora vedono non più una stretta di mezzo punto ma solo di un quarto. Prima però tocca alla Bce: giovedì prossimo ci sarà una cruciale riunione di politica monetaria in cui si dovrà tracciare la rotta per i prossimi mesi. Francoforte ha già preannunciato un rialzo dei tassi di 50 punti base e il focus sarà sul messaggio da inviare al mercato sulle mosse future. Le preoccupazioni per la dinamica dell'inflazione core (al netto di cibo ed energia, le componenti più volatili) fanno prevedere un orientamento più aggressivo e hanno spinto gli economisti a rivedere le previsioni innalzando dal 3,5% al 4% il tasso terminale, ossia il picco del processo di inasprimento monetario atteso in estate. Il board fronteggia divisioni al suo interno fra il pressing dei falchi decisi ad alzare il tiro e a non allentare 'prematuramente' il ciclo rialzista, e la cautela delle colombe preoccupate dai contraccolpi che l'aumento dei costi di finanziamento potrebbe avere sui Paesi più fragili come la Grecia e l'Italia.
Il dibattito si è fatto acceso e ci si chiede se giovedì la presidente della Bce, Christine Lagarde, prometterà una nuova stretta da mezzo punto a maggio per poi procedere con manovre da 25 punti base. Tutto dipenderà dalle nuove stime macro per verificare se sia predominante il rischio degli effetti di secondo livello dell'inflazione o quello di un'evoluzione dell'economia non più compatibile con lo scenario di 'soft landing', un atterraggio morbido del ciclo restrittivo. "Con l'ulteriore inasprimento della Bce, l'economia dovrebbe indebolirsi" osserva Guillermo Felices, Global Investment Strategist di Pgim Fixed Income, secondo cui gli spread degli emittenti sovrani della periferia dell'Eurozona "non si sono allargati di molto nonostante le difficili prospettive future. La risalita dei rendimenti è stata guidata dalle aspettative di inflazione, più che dai tassi reali, e le notizie sul fronte fiscale nella periferia - in particolare in Italia - suggeriscono una vulnerabilità degli spread sovrani".
Rodolfo Ricci