Il traguardo del 2% è più vicino ma il quadro inflattivo non è ancora del tutto stabile, ogni imprudenza potrebbe costare cara. Christine Lagarde, nel suo ultimo incontro con gli europarlamentari della commissione Affari Economici e Monetari in questa legislatura, non cambia strategia e, ancora una volta, sulla riduzione dei tassi da parte della Bce, opta per la massima cautela. Con una ragione, su tutte: "L'ultima cosa che voglio è assumere decisioni avventate per poi vedere rimbalzare l'inflazione e dover tornare indietro", ha avvertito. "Continueremo a seguire un approccio dipendente dai dati per determinare il livello e la durata appropriati della restrizioni", è la linea confermata dalla numero uno dell'Eurotower. Chi si attendeva roboanti annunci, tra l'altro il giorno dopo le stime invernali della Commissione Ue su Pil e inflazione (con un 2,7% previsto per l'eurozona nel 2024), è rimasto deluso.
Lagarde è tornata a difendere l'azione di innalzamento dei tassi messa in campo dalla Bce, ha confermato che il processo di disinflazione continuerà nel 2024, ma ha anche sottolineato alcune variabili che rendono il quadro più incerto. Innanzitutto il fatto che i prezzi dell'energia restano poco prevedibili. In secondo luogo la persistenza di un livello alto di inflazione nel settore dei servizi.
"La crescita delle retribuzioni continua ad essere forte, ci si attende che diventi un fattore più rilevante delle dinamiche inflazionistiche nei prossimi trimestri", ha spiegato la presidente di Eurotower, evitando di dare indizi sul quando l'atteso annuncio del primo taglio ai tassi si concretizzerà, se in tarda primavera o in estate. La linea della cautela ha comunque sortito un effetto positivo sulle Borse europee. Anche perché, nel suo intervento al Pe, "non ho mai detto che non abbiamo intenzione di ridurre i tassi", ha precisato la stessa Lagarde incalzata dagli eurodeputati. E rispetto al trend cominciato nel luglio 2022, con i tassi al massimo storico del 4,5%, evidentemente questa per i mercati è comunque una buona notizia.
La cautela di Lagarde è invece svanita sugli altri temi al centro del dibattito. L'unione dei capitali, per la Bce, resta una stella polare. Tanto che, di fronte alle resistenze registrate finora da diverse cancellerie europee, Lagarde ha definito "una pista da esplorare" quella di una unione dei capitali settoriale e ancorata al green. Con un assioma: sulla transizione servono investimenti massicci, circa 700 miliardi all'anno. E il Recovery Fund e il Repower sono solo un primo passo, ha rimarcato. Il messaggio, in questo caso, ha avuto anche una declinazione politica. "I 25 anni della moneta unica sono stati un successo ma non tutti i traguardi sono stati raggiunti", ha spiegato la presidente della Bce. E tra questi ultimi figurano proprio l'unione bancaria e quella dei capitali. Da qui l'appello di Lagarde a meno di 4 mesi dal voto: "Le prossime Europee saranno un'opportunità per un programma ambizioso sulla nostra unione economica e monetaria. È essenziale che tutte le forze politiche colgano questa opportunità".
Poi l’attuazione degli Stati membri del Pnrr: "Nonostante un significativo recupero a dicembre scorso, i dati recenti indicano rallentamenti nell'attuazione dei Pnrr", dovuti anche al metodo di funzionamento del piano. In particolare due aree richiedono una riflessione attenta: il sistema di audit e controllo, che ha portato a ritardi nelle richieste di pagamento, e l'orizzonte "ambizioso" del 2026 che rischia di creare "strozzature nell'offerta, pressioni inflazionistiche ingiustificate" e spinge a selezionare progetti facili da realizzare, ha sostenuto invece Isabel Schnabel, membro del board della Bce, durante la lezione all'European University Institute di Fiesol.
"Le ultime stime degli esperti della Bce indicano un deficit cumulativo per la zona euro nell'attuazione del piano nel periodo 2021-2023 di circa il 4% rispetto al finanziamento totale inizialmente disponibile", ha detto Schnabel. I ritardi evidenziano due potenziali aree di riflessione sul funzionamento del Pnrr: uno è l'onere amministrativo. Il regolamento del piano impone agli Stati membri di istituire un sistema di controllo e audit efficace. Un sistema di questo tipo è importante per proteggere gli interessi finanziari dell'Ue, ma prove aneddotiche suggeriscono che questo sistema rappresenta una sfida considerevole per le amministrazioni nazionali, che ha portato a ritardi nelle richieste di pagamento. "È un compromesso che richiede una rivalutazione", ha spiegato. L'altro ambito di riflessione riguarda l'orizzonte ambizioso del Next GenerationEu: "Tutti i fondi dovranno essere utilizzati al più tardi entro il 2026".
Rodolfo Ricci