La riforma della giustizia polacca viola il diritto europeo. La Corte di giustizia dell' Ue ha accolto il ricorso della Commissione europea, infliggendo così un altro duro colpo al governo di Mateusz Morawiecki, all'indomani della manifestazione, la più grande dalla caduta del comunismo, che ha portato in strada mezzo milione di persone in segno di protesta contro l'esecutivo ad appena tre mesi dalle elezioni. Il pacchetto di misure, approvato nel 2019, è al centro di un lungo contenzioso con Bruxelles che è costato a Varsavia più di 550 milioni di euro, oltre che il congelamento dei fondi europei per la ripresa.
Cuore del contenzioso sono le norme relative alle competenze della sessione disciplinare della Corte suprema polacca, che secondo la Commissione europea non garantiscono l'indipendenza e l'imparzialità dei suoi giudici. In attesa del verdetto definitivo, l'esecutivo comunitario aveva chiesto la sospensione immediata delle attività della sessione disciplinare. Una richiesta accolta dalla Corte Ue, ma non attuata da Varsavia che ha dovuto risponderne con una multa record da un milione di euro al giorno, dimezzata ad aprile scorso dopo il parziale adempimento della Polonia. Il totale di oltre 550 milioni di euro verrà detratto dai fondi europei destinati al Paese che finora ha rifiutato di pagare la penalità.
Con questa sentenza , il giudice europeo ha sposato la tesi di Palazzo Berlaymont, facendo un'importante premessa: gli Stati dell' Ue sono obbligati ad evitare "qualsiasi regressione, sotto il profilo del valore dello Stato di diritto, della loro legislazione in materia di organizzazione della giustizia" e questo perché "il valore dello Stato di diritto fa parte dell'identità stessa dell'Unione quale ordinamento giuridico comune e - osserva la Corte - si concretizza in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri". Un passaggio sottolineato dal commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, che ha parlato di "giorno importante per il ripristino di una magistratura indipendente in Polonia". La riforma della giustizia polacca "viola i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dell'Ue", ha rimarcato, esortando le autorità a "rispettare appieno la sentenza".
Varsavia però ha replicato a muso duro, parlato di "verdetto corrotto". La sentenza "non è stata scritta da giudici ma da politici, in violazione dei trattati", ha denunciato il ministro Zbigniew Ziobro, falco del governo polacco e padre della controversa riforma, che ha accusato il principale tribunale dell'Ue di essere "corrotto". Il bandolo della matassa quindi è ancora tutto da sbrogliare. Varsavia ha modificato la riforma della giustizia, ma non in modo sufficiente, secondo la Commissione europea, a garantire l'indipendenza dei giudici. Una seconda legge per emendare il sistema giudiziario è ora al vaglio della Corte costituzionale. Il passaggio è fondamentale perché la Polonia possa mettere mano ai fondi per la ripresa, un tesoretto da circa 36 miliardi di euro, rimasti in stand by dallo scorso giugno.
Rodolfo Ricci