Una sorta di legge del taglione ora rischia di lasciare l'economia globale senza semiconduttori. L'ultimo atto della guerra dei chip in corso tra Cina e Occidente passa da Pechino. Il Dragone ha infatti annunciato una stretta dal primo agosto all'export di due importanti materiali, il gallio e il germanio, usati per produrre semiconduttori, radar e altri componenti elettronici. Una mossa che ha portato alla ferma condanna di Bruxelles. L'Unione europea "è preoccupata che le restrizioni all'export di gallio e germanio non siano correlate alla necessità di proteggere la pace globale e la stabilità in attuazione degli obblighi di non proliferazione della Cina derivanti dai trattati internazionali", ha detto una portavoce della Commissione Europea.
"Chiediamo alla Cina di adottare un approccio che preveda restrizioni e controlli basati su chiare considerazioni di sicurezza, in linea con le regole della Wto", ha aggiunto la portavoce. Pechino invece ha annunciato che la stretta avrà lo scopo di salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali e si profila come una risposta al blocco Usa sulle forniture di componenti ad alta tecnologia al Dragone. Non solo. Il 30 giugno scorso l'Olanda si è uniformata alle richieste americane e il colosso dei chip Asml dovrà d'ora in poi richiedere licenze specifiche per esportare le tecnologie per la produzione di semiconduttori impiegati anche nella costruzione di armi (il cosiddetto settore dual-use, valido sia per il settore militare che civile).
Le reazioni non tardano ad arrivare pure in Estremo oriente. Il ministro del Commercio giapponese, Yasutoshi Nishimura, ha dichiarato che Tokyo monitorerà come Pechino intende implementare le restrizioni pianificate e se necessario si opporrà a qualsiasi violazione delle regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e di altri accordi internazionali. Il coordinamento tra Ue e Giappone è peraltro sempre più stretto ed è stato annunciato un memorandum per rafforzare la cooperazione sui microchip che punta a "potenziare la resilienza della catena di approvvigionamento dei semiconduttori, compreso un meccanismo di allerta per prevenire eventuali interruzioni, in particolare per le materie prime critiche".
Il mantra dell'Ue - nel corso dell'ultimo Consiglio europeo i leader hanno confermato di vedere la Cina come "un partner, un competitor e un avversario sistemico" - è ora quello di ridurre i rischi per le eccessive dipendenze nei settori critici, in modo da non replicare gli errori fatti con la Russia sull'energia. L'allarme rosso è quindi scattato proprio sui microchip e sulle materie critiche fondamentali per la transizione verde, via d'uscita per l'Europa alla crisi attuale, climatica ed economica.
La Commissione ha quindi varato una pletora d'interventi sotto vari cappelli legislativi per aumentare la produzione di semiconduttori in casa (il Chip Act) e rafforzare la filiera sulle terre rare (il Raw Material Act). La recente missione del capo dell'esecutivo blustellato, Ursula von der leyen, in Sudamerica nonché il prossimo summit con i Paesi di area ha il chiaro obiettivo di diversificare gli approvvigionamenti e convincere alcuni (rari) attori alternativi, tipo Cile e Argentina, a prediligere la vecchia Europa alla superpotenza nascente.
Rodolfo Ricci