Venerdì 22 novembre 2024, ore 7:22

Strasburgo 

La “maggioranza Ursula” si spacca: Ppe contro il Piano Green deal 

Si spacca alla fine la maggioranza all'Eurocamera sul Green Deal Industrial Pan di Ursula von der Leyen. La risoluzione sul piano è passata con 310 sì, 155 no e 100 astensioni ma, sul testo, si è consumato uno scontro tra i Popolari e i liberali di Renew. "L'Ue delude la sua industria. L'Ira ci ha svegliati e avremmo dovuto adottare una risoluzione per dare un chiaro segnale all'industria, sostenendo le sue richieste di miglioramento. Purtroppo Valeri Hayer (firmataria della risoluzione per Renew, ndr) si è preoccupata più dei Verdi che di inviare questo segnale e così ha perso il sostegno del Ppe", si legge in un tweet del gruppo.La maggioranza al governo italiano, sulla risoluzione, si è mostrata piuttosto critica. La delegazione di Fdi si è astenuta, così come quella della Lega. Forza Italia, alla gran parte del Ppe alle prese con lo scontro con i liberali, ha votato no. Nel testo, largamente emendato, i deputati chiedono l'espansione e la commercializzazione di tecnologie strategiche per colmare il divario fra innovazione e diffusione sul mercato. Secondo il testo, sono necessarie procedure di autorizzazione rapide e una certa prevedibilità al fine di porre in atto nuovi progetti volti a utilizzare fonti di energia pulita e rinnovabile il più rapidamente possibile.

"L'obiettivo generale della politica dell'Ue deve essere quello di garantire la leadership europea nelle tecnologie energetiche pulite per migliorare la base industriale esistente e sostenerne la trasformazione in futuro, nell'ottica di creare posti di lavoro di qualità e una crescita economica per tutti gli europei ai fini del conseguimento degli obiettivi del Green Deal", si legge nella risoluzione. I deputati insistono sul fatto che l'istituzione di un Fondo europeo per la sovranità potrebbe evitare la frammentazione causata dalle diverse strategie nazionali e garantire una risposta europea alla crisi attuale veramente coesa. Il Fondo dovrebbe rafforzare l'autonomia strategica aperta e le transizioni verde e digitale in modo globale, essere integrato nel bilancio pluriennale dell'Ue e mobilitare investimenti privati. Il Parlamento si oppone fermamente a qualsiasi tentativo di allentare le norme sugli aiuti di Stato senza fornire una soluzione europea a tutti i Paesi Ue che non dispongono di ampie capacità di bilancio per poter fare affidamento su massicci aiuti di Stato. Le norme dell'Ue sugli aiuti di Stato - si legge ancora nel testo - dovrebbero essere semplificate solo per consentire una flessibilità mirata, temporanea, proporzionata e coerente con gli obiettivi politici dell'Ue.

In merito alla legge sull'inflazione americana la risoluzione spiega che la Commissione dovrebbe collaborare con gli Stati Uniti per garantire che l'Ue rientri nelle eccezioni previste dall'Ira per i Paesi che partecipano a una cooperazione di libero scambio e che i prodotti europei siano ammissibili ai crediti d'imposta allo stesso modo dei prodotti statunitensi
a stop forniture Druzhba. Da segnalare che slitta di un mese, cioè a fine marzo, il via libera della Commissione europea alla terza tranche del Pnrr chiesta dall'Italia alla fine dello scorso anno. Bruxelles ha deciso di prendersi tre mesi, invece dei canonici due, per passare al vaglio il dossier inviato da Roma con la documentazione che certifica il raggiungimento di 55 tra tappe e obiettivi che sono alla base della richiesta avanzata per l'erogazione dei 19 miliardi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'estensione del tempo necessario per esaminare il dossier è legata soprattutto, si spiega a Bruxelles, all'esigenza di controllare che la documentazione, grazie anche alla collaborazione con le autorità nazionali, sia in grado di superare senza problemi anche l'esame che sarà condotto successivamente dalla Corte dei conti Ue. Ma il via libera alla terza tranche è solo una delle prossime tappe che attendono l'Italia sulla strada del Pnrr tracciata insieme all'Ue.

Ma l’Europa resta divisa non solo sul pacchetto industria ma anche sulla guerra in Ucraina. Infatti, nuovo affondo dell'Ungheria contro il decimo pacchetto di sanzioni che l'Ue prevede di licenziare in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina. Le nuove misure si aggiungono a quelle "già rivelatesi inutili", ha commentato il ministro degli Esteri magiaro, Peter Szijjártó, in una nota. "Hanno provato nove volte e nove volte hanno fallito: dovrebbero trarre la ragionevole conclusione di non non provarci più, ma Bruxelles non è guidata dalla ragione", ha attaccato. Szijjártó ha poi messo in guardia dell'impatto sulla sicurezza energetica dell'Ungheria di alcune proposte avanzate, come la stretta sulla cooperazione nucleare con la Russia e lo stop alle forniture di greggio attraverso l'oleodotto Druzhba, finora rimasto esente dall'embargo Ue. "Naturalmente - ha spiegato - rigetteremo tutte le proposte sulle forniture di petrolio e la cooperazione nucleare e faremo il possibile per impedirne l'inclusione nel prossimo pacchetto".

Rodolfo Ricci

( 17 febbraio 2023 )

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