Una fuga in avanti riuscita finora solo a metà, ma che per i giorni a venire potrebbe contare anche Roma nel gruppo di testa. Con uno scatto deciso, Parigi apre la strada all' alleanza europea sul nucleare di quarta generazione e lancia la volata a una dozzina di capitali alleate, o presunte tali, che nel gioco delle parti fissano sottotraccia uno dopo l'altro i loro paletti: prima di fare fronte comune per investire sull'atomo, servirà un dibattito approfondito su tempi, modi e priorità di investimento nei mix energetici domestici. Poi però la svolta potrebbe arrivare. Con la sponda non così remota del governo italiano che per bocca del ministro Matteo Salvini ha fatto sapere di considerare gli investimenti nel nucleare "pulito e sicuro di ultima generazione" un "dovere sociale, economico e ambientale".
Facendo però prima i conti - fanno sapere dall'entourage del ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto - con il passato del referendum abrogativo del 1987 sulla fissione di prima e seconda generazione. Il confronto sul nucleare ripiomba sulla ribalta europea dopo che già sul finire del 2021 - quando in ballo c'era l'ormai celebre patente verde (in gergo, tassonomia) da conferire alle diverse fonti sulle quali scommettere per la transizione ecologica - aveva fatto scricchiolare per settimane l'asse Parigi-Berlino, animate storicamente da visioni del tutto contrapposte sulla fonte. Ora il dibattito si appresta a entrare nel vivo con un tavolo di lavoro convocato direttamente dall'Eliseo nelle prossime ore a Stoccolma. Al quale però l'Italia, in un primo momento coinvolta da fonti diplomatiche transalpine insieme ad altri undici Paesi - Romania, Bulgaria, Slovenia, Repubblica Ceca, Svezia, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Croazia, Paesi Bassi e Finlandia - ha poi fatto sapere con una nota diramata dal Mase che non vi prenderà parte.
Non per ragioni ideologiche ma per non affrettare un percorso che richiede ancora tempo per essere vagliato anche in seno alla maggioranza di governo stessa. Una mancata adesione che tuttavia non scoraggia il presidente Emmanuel Macron, deciso a sfruttare il fiore all'occhiello del suo mix energetico - dal quale nasce circa il 70% dell'energia elettrica generata sull'intero territorio transalpino - mettendo la fissione al centro della transizione verso la neutralità climatica. Tanto da battersi per vederne riconosciuta la sostenibilità in tutti i dossier aperti - come rinnovabili (compreso l'idrogeno) e pacchetto decarbonizzazione e gas - e portare ora la fedelissima ministra per la transizione energetica, Agnes Pannier-Runacher, a chiamare a raccolta tutti i Paesi "che hanno un posto nel nucleare europeo".
E che proprio per questa visione comune del futuro non vedrà la partecipazione di Berlino: da sempre contraria a considerare l'atomo 'pulito', da tempo impegnata a dismettere le sue centrali a favore delle rinnovabili, e da un anno promotrice anche di un taglio alla domanda di gas da portare ben oltre quel 15% fissato nel maxi-pacchetto RePowerEu.
Rodolfo Ricci