Jerome Powell apre la porta ad un'accelerazione dei rialzi dei tassi di interesse per combattere un'inflazione che non molla la presa. In un'audizione al Senato il presidente della Fed ribadisce l'impegno incondizionato della banca centrale a far scendere i prezzi all'obiettivo del 2% in una lotta che probabilmente si tradurrà in un costo del denaro superiore alle attese alla fine del ciclo rialzista. Parole che per le borse sono una doccia fredda. Le piazze finanziarie europee chiudono tutte in rosso, con Milano che perde lo 0,67%. Wall Street dopo un avvio cauto peggiora, con i listini che arrivano a perdere oltre l'1%.
Di fronte ai dati che hanno mostrato un'economia più resiliente delle attese "il livello finale dei tassi di interesse sarà probabilmente più alto di quanto precedentemente previsto", ha detto Powell ai senatori americani. Se i dati dovessero indicare la necessità di una stretta più veloce "siamo pronti ad accelerare la velocità dei rialzi", ha aggiunto spianando la strada a un possibile nuovo aumento dello 0,50% del costo del denaro alla prossima riunione del 21 e 22 marzo. Molto dipenderà dai prossimi dati sul mercato del lavoro, attesi venerdì, e da quelli sull'inflazione in calendario la prossima settimana. "Nell'ultimo anno abbiamo optato per azioni forti, abbiamo fatto molta strada" nel combattere l'inflazione, ha spiegato Powell al Senato ribadendo che la stabilità dei prezzi alla quale la Fed aspira è essenziale per una crescita solida e sostenibile e "richiederà probabilmente il mantenimento di una politica monetaria restrittiva per diverso tempo. Andremo avanti fino a quando il lavoro non sarà finito".
Nonostante i progressi compiuti la lotta all'inflazione non è ancora finita: "Resta del lavoro da fare, la strada è lunga e a ostacoli, ha comunque avvertito. A chi lo incalzava sul ruolo della Fed nel caso di un mancato aumento del tetto del debito e, quindi, di un default americano, Powell ha risposto: il Congresso deve "alzarlo, è l'unica soluzione": non farlo avrebbe conseguenze "avverse". Una mancata azione - ha avvertito Mark Zandi, capo economista di Moody's Analytics - farebbe scivolare l'economia americana in recessione e causerebbe la perdita di sette milioni di posti di lavoro, in una crisi stile 2008.
Le prospettive non sono buone, secondo Zandi, neanche nel caso in cui Joe Biden dovese cedere alle pressioni dei repubblicani sui tagli alla spesa per evitare il default. Farlo si tradurrebbe nella perdita di 2,6 milioni di posti di lavoro e in una recessione nel 2024. Infine un avvertimento del presidente della Federal Reserve: "Nel mondo cripto vediamo molto tumulto, frodi e rischi", ha affermato rispondendo alle recenti tensioni sul mercato delle criptovalute e degli asse digitali.
Rodolfo Ricci