Tutto come previsto. Nella sua prima riunione di maggio la Fed ha lasciato invariati i tassi di interesse fra il 5,25% e il 5,50%, ai massimi da 23 anni. La decisione, in linea con le attese degli analisti, è stata motivata da un’inflazione ancora troppo alta. "Abbiamo una crescita al 3%, un'inflazione sotto il 3%. Non capisco" perché si parla di stagflazione: non vedo né la stag né la flazione", ha detto il presidente della Fed, Jerome Powell, sottolineando di non vedere quindi una stagflazione né sulla crescita né sull'inflazione. Resta un dato di fondo: la Fed è impegnata a far tornare l’inflazione al 2%, ma negli ultimi mesi c’è stata una mancanza di progressi verso il target, ha comunicato Powell al termine della due giorni di riunione. "L’inflazione è scesa nell’ultimo anno ma rimane elevata. Negli ultimi mesi c’è stata una mancanza di ulteriori progressi verso il target di inflazione al 2%".
I recenti indicatori suggeriscono che l’attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo solido - aggiunge la Fed -. La crescita dei posti di lavoro è rimasta forte e il tasso di disoccupazione è rimasto basso. Il Federal open market committee (Fomc), inoltre, non prevede sarà appropriato ridurre la forbice dei tassi finché non avrà maggior fiducia sul fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2%. Le decisioni del Fomc sono state prese all’unanimità, con 12 voti favorevoli su 12. Si tratta del sesto vertice consecutivo in cui la Fed ha lasciato i tassi invariati. Il messaggio della banca centrale statunitense riflette un brusco cambiamento nel suo calendario sui tassi di interesse.
Già durante l’ultima riunione del 20 marzo, i policy maker della Federal Reserve avevano previsto tre riduzioni dei tassi nel 2024, probabilmente a partire da giugno. I tagli dei tassi da parte della Fed porterebbero, nel tempo, a ridurre i costi di finanziamento per consumatori e imprese. Ma data la persistenza di un’inflazione elevata, i mercati finanziari ora si aspettano solo un taglio dei tassi quest’anno, a novembre, secondo i prezzi dei future monitorati dal FedWatch del Cme. Le prospettive più caute della Fed derivano da tre mesi di dati che indicavano pressioni inflazionistiche persistenti e una robusta spesa al consumo.
L’inflazione è scesa da un picco del 7,1%, secondo la misura preferita dalla Fed, al 2,7%, poiché le catene di approvvigionamento si sono allentate e il costo di alcuni beni è effettivamente diminuito. I prezzi medi, tuttavia, rimangono ben al di sopra dei livelli pre-pandemia, e i costi dei servizi che vanno dagli affitti degli appartamenti e dall’assistenza sanitaria ai pasti al ristorante e all’assicurazione auto continuano ad aumentare. A sei mesi dalle elezioni presidenziali, molti americani hanno espresso malcontento nei confronti dell’economia, in particolare per il ritmo dell’aumento dei prezzi. E questo non aiuta la campagna elettorale del presidente Joe Biden.
Rodolfo Ricci