La deadline 'caldamente' indicata è quella del 31 agosto. Al rientro dalle ferie i tecnici della Commissione Ue auspicano che tutti e 27 i Paesi membri abbiano consegnato i nuovi Piani di Ripresa e Resilienza con l'aggiunta del capitolo Repower e con modifiche dovute alle "circostanze oggettive" previste dall'articolo 21 del regolamento sul Recovery. C'è una data, questa volta vincolante, a cui a Bruxelles guardano con attenzione: quella del 31 dicembre, giorno entro il quale la Commissione deve chiudere la valutazione dei piani nazionali. Dopo, l'Ue non potrà infatti più assegnare le risorse rimaste nel Fondo del Next Generation.
L'intesa raggiunta in cabina di regia sulla revisione del Pnrr italiano non poteva quindi che essere "favorevolmente accolta" dalla Commissione. Da qui alle prossime settimane comincerà un fitto confronto con il governo sulle 144 modifiche che l'Italia vuole apportare al suo piano. Si tratta di una revisione corposa che, proprio per questo, richiederà più tempo per la valutazione e l'ok finale. E nella richiesta formale di revisione che Roma presenterà andrà indicato anche se - e nel caso in che misura - il governo vuole nuovi prestiti. Dopo il varo dei 27 piani nazionali all'Ue era rimasta un riserva da 225 miliardi. In teoria, la parte di prestiti assegnata all'Italia è stata già esaurita. Ma è probabile che, una volta espletate le nuove richieste di prestito degli altri Paesi membri, alla Commissione resti comunque un piccolo tesoretto. Tra i 27 non c'è solo l'Italia a dover correre. Sono 13 i Paesi che finora hanno presentato i loro piani. Si tratta di Estonia, Francia, Slovacchia, Malta, Portogallo, Danimarca, Spagna, Lituania, Repubblica Ceca, Olanda, Slovenia, Austria e Belgio, in rigoroso ordine cronologico.
Solo i primi 4, finora, hanno incassato la luce verde della task force di Palazzo Berlaymont. Madrid è tra le capitali che hanno presentato un'ampia revisione: nel nuovo piano ci sono 18 riforme e 25 investimenti aggiuntivi, per i quali è stato previsto di usufruire degli 84 miliardi di prestiti che, inizialmente, la Spagna non aveva richiesto. Tutti i Paesi, nelle loro proposte, hanno scelto di prendere, in parte o interamente, la quota del cosiddetto fondo Brexit, che in totale per l'Italia ammonta a 5 miliardi di euro.
Tra i 'grandi', anche la Germania deve ancora presentare il nuovo piano. A complicare il quadro ci sono i casi della Polonia e dell'Ungheria. Il Pnrr della prima ammonta a circa 36 miliardi, quello della seconda sfiora i 6 miliardi, coperti solo da sovvenzioni. Per entrambi, tuttavia, l'esborso delle prime risorse è congelato da mesi a causa del meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto. Senza l'attuazione delle riforme richieste da Bruxelles, Varsavia e Budapest resteranno all'asciutto. E lo stallo, sul fronte del Pnrr, rischia di rendere ancora più caldo il prossimo autunno.
Rodolfo Ricci