Prima applicazione al Consiglio Ue del Patto di stabilità, l'insieme delle nuove regole europee per il controllo dei conti pubblici degli Stati europei, concordate lo scorso anno dai 27. Per usare il gergo di Bruxelles, l'Ecofin ha adottato la "raccomandazione all'Italia di ridurre il deficit per riportarlo entro la soglia massima del 3% del Pil entro il 2026 e, ancora, "ha adottato la raccomandazione" sul piano strutturale di bilancio a medio termine dell'Italia, approvandone al contempo l'estensione a sette anni. Si tratta di un passaggio senza sorprese, che accoglie gli impegni elaborati dal Paese in base alla traiettoria di spesa data a giugno dalla Commissione. La sostanza è però pienamente in linea con gli obiettivi politici della riforma: garantire il rientro dei conti (il deficit italiano scenderà rapidamente) e al contempo la 'titolarita' dei Paesi, chiamati a scegliere in autonomia su cosa dirigere la propria spesa. Le casistiche in questi primi mesi di Patto sono le più disparate: sono 22 su 27 i piani presentati (solo 2 entro la scadenza del 21 settembre, il resto è arrivato entro metà o fine ottobre),
Mancano ancora quelli di Germania, Belgio, Lettonia, Austria e Bulgaria, perché impegnati nella formazione dei governi o perché ci sono elezioni imminenti. I piani approvati sono invece 20 su 21, con quello dell'Ungheria - il 22 esimo inviato - che andrà al voto Ecofin a febbraio. È stato rivisto in scia al palleggio con Bruxelles, con la Commissione in disaccordo sugli assunti economici del Psb ungherese e i relativi risultati. Budapest è venuta a miti consigli, anche considerato che è in procedura per deficit eccessivo. Ha avuto una congrua proroga per l'invio del Psb il cosiddetto 'grande malato' d'Europa, la Germania: è atteso dopo le elezioni, mostrando anche la capacità delle nuove regole di essere flessibili. Dove la flessibilità sembrava in apparenza non esserci i 27 sono intervenuti invece con praticità: è il caso della Francia, chiamata a un rientro dei conti con le traiettorie date a giugno da Bruxelles. Nel pacchetto di autunno del semestre europeo la Commissione aveva proposto al Consiglio una data "raccomandazione" alla Francia.
Ma a governo caduto e rifatto a dicembre, e con politiche economiche riviste, il calo del deficit al 5% del Pil già nel 2025 sarebbe stato sfidante. Così senza ripartire dall'esame della Commissione il Consiglio (a livello del comitato degli ambasciatori, o Coreper) ha adottato una diversa raccomandazione, recepita quindi dall'Ecofin. Il tetto massimo di spesa è meno draconiano del precedente (0,6% nel 2025 invece dello 0% previsto in precedenza) consentendo al Paese di guardare a un calo del deficit 'solò del 5,4% del Pil.
Nulla osta dalla Commissione, considerato che comunque si resta nell'obiettivo finale di rientro del disavanzo francese entro il 3% nel 2029. Di flessibilità in flessibilità, il Consiglio ha anche ritenuto che la manovra dell'Austria che proietta già quest'anno il deficit di Vienna entro il 3% consenta di evitarle la procedura. Tra i 22 piani arrivati, solo 5 chiedono l'estensione a 7 anni dell'aggiustamento: oltre all'Italia, Francia, Finlandia, Romania e Spagna, mentre non è escluso che in futuro anche la Germania si accodi (così aveva previsto l'ex ministro delle Finanze Christian Lindner). 'Rimandati' sul Psb solo i Paesi Bassi, con il Consiglio che "raccomanda" al Paese di non superare la traiettoria tecnica di spesa calcolata dalla Commissione.
Rodolfo Ricci