L'inflazione americana accelera a sorpresa e gela le attese di un imminente taglio dei tassi di interesse da parte della Fed. I prezzi al consumo sono saliti in dicembre del 3,4%, sopra le previsioni degli analisti e oltre il 3,1% di novembre. Avanza più del previsto anche l'indice core, quello al netto di energia e alimentari: segna un +3,9% su base annua e un +0,3% rispetto al mese precedente. L'accelerazione sembra confermare la linea della Fed che da mesi prevede una strada a ostacoli per il ritorno dell'inflazione al 2%, con "l'ultimo miglio" quello più difficile da compiere. Da qui la necessità di essere "pazienti" di cui Jerome Powell parla da mesi, invitando il mercato a non correre troppo avanti con le previsioni e le attese. Gli investitori sono convinti che la Fed taglierà diverse volte il costo del denaro nel 2024: la banca centrale ha previsto almeno tre sforbiciate, ma gli analisti sono convinti che si spingerà oltre, e alcuni sono arrivati addirittura a ipotizzare ben sei tagli dei tassi. Un'ipotesi che, alla luce del dato dell'inflazione di dicembre, appare adesso improbabile.
Anche se le rilevazione non è destinata a cambiare nella sostanza l'azione della Fed, potrebbe però far slittare la prima revisione al ribasso, attualmente prevista a marzo. "In teoria non si deve reagire a un unico dato". Ma in questo caso la Fed stava cercando un segnale per iniziare i tagli: "Il dato sull'inflazione non ha rappresentato lo sparo di inizio", affermano alcuni analisti. E marzo è probabilmente troppo presto per un taglio dei tassi, dice Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland. "Sono aperto ad abbassare i tassi una volta che l'inflazione sarà avviata al 2% e devo ancora essere convinto che si stia avviando verso il target", ha fatto eco Tom Barkin, il presidente della Fed di Richmond. Pur compiacendosi del calo dei prezzi in un contesto di crescita e di mercato del lavoro forti, Joe Biden ha ammesso che resta ancora molto da fare per ridurre i costi per le famiglie e i lavoratori americani. Il presidente è consapevole che un calo dell'inflazione aiuterebbe la sua campagna elettorale ma, allo stesso tempo, nutre rispetto per l'indipendenza della Fed e quindi non ha mai fatto pressione.
Il 2024 elettorale accenderà senza dubbio i riflettori sulla banca centrale che, con la sua azione, rischia di attirarsi un'attenzione indesiderata. La sua indipendenza dalla Casa Bianca, infatti, non l'ha sottratta negli anni alle critiche dei politici in più occasioni. Donald Trump l'ha attaccata quando era presidente chiedendole di abbassare il costo del denaro, ma durante la campagna del 2016 l'ha criticata per i tassi troppo bassi che favorivano i democratici. Sulle prossime mosse della Fed peseranno anche le incertezze a livello globale, con le guerre in Ucraina e a Gaza e gli attacchi nel Mar Rosso che rischiano di complicare gli scambi commerciali mondiali.
Fattori destinati a incidere anche sulla Bce che, comunque, appare ottimista. "I dati più recenti per il quarto trimestre del 2023 indicano che la crescita rimarrà probabilmente moderata, mentre il mercato del lavoro dovrebbe rallentare - si legge nel bollettino dell'Eurotower -. Ci si attende che la crescita inizi a recuperare all'inizio del 2024, in assenza di ulteriori shock". Le proiezioni per l'area euro pubblicate a dicembre 2023 dagli esperti dell'Eurosistema, il Pil dovrebbe salire allo 0,8% nel 2024 e raggiungere l'1,5% nel 2025 e nel 2026. L'agenzia S&P stima che la Bce inizierà la sua campagna di taglio dei tassi in giugno e non in aprile come atteso dal mercato. E questo perché l'Eurotower così come la Fed sono esitanti ad agire con velocità temendo che un taglio precoce possa ridurre gli effetti degli sforzi fatti finora.
Una Eurozona alle prese ancora con il Meccanismo europeo di stabilità. Dopo la mancata ratifica a Roma "è impensabile" immaginare un Mes a 19, e senza l'Italia, per il 'backstop', il paracadute contro le crisi bancarie che avrebbe dovuto entrare in funzione nell'eurozona con il 2024, con il completamento delle ratifiche. I ministri delle Finanze dell'area euro dovranno però decidere ora se pensare a un "piano B" sul Mes. Lunedì nell'Eurogruppo ne parleranno con il ministro Giancarlo Giorgetti, ha spiegato un alto funzionario europeo in vista della riunione.
"Tecnicamente è molto difficile separare e procedere con un club più piccolo - ha spiegato il funzionario sull'ipotesi del Mes a 19 - Il backstop doveva attivarsi accanto al Fondo unico di risoluzione bancaria e il Fondo unico di risoluzione copre tutta l'unione bancaria. È impensabile che il backstop possa essere fornito da un sottoinsieme più piccolo di Paesi. Quindi non penso che sarà in cima alla lista delle opzioni". "Avevamo un 'piano A': la domanda ora è se ci atterremo al 'piano A' o se prepareremo un 'piano B'".
Rodolfo Ricci