Saletta protocollare, terzo piano del principale edificio dell'Eurocamera a Bruxelles. È da qui che, dopo gli incontri ufficiali con i gruppi chiamati a sostenerla, Ursula von der Leyen ha pianificato gli ultimi contatti prima della settimana cruciale di Strasburgo. Il traguardo è all'orizzonte, ma i giochi non sono chiusi e la presidente della Commissione designata non ha voluto lasciare nulla al caso, arrivando a vedere anche alcuni eurodeputati singoli per assicurarsi il bis. La vera novità delle ultime ore è il soccorso dei Verdi. I 53 eurodeputati ecologisti sono pronti a votarla ma chiedono un documento scritto che certifichi il loro ingresso in maggioranza con Ppe, Socialisti e Renew. Sono disposti anche a votare von der Leyen prima di firmare il documento, ma vogliono garanzie anche sul fatto che l'alleanza non si estenda a Ecr. Il loro sì è a un passo, ma non è ancora ufficiale. Al momento tutto fa pensare che i Conservatori di Giorgia Meloni non siano in maggioranza. Il co-presidente Nicola Procaccini ha spiegato che, per ora, non ci sono le condizioni per dire sì ad Ursula. "L'agenda non è cambiata rispetto a cinque anni fa", ha sottolineato Procaccini, annunciando che il gruppo darà alle sue delegazioni libertà di voto. Von der Leyen li vedrà martedì mattina ma la trattativa con Fdi viaggia anche su altri canali, quelli che collegano Palazzo Berlymont a Palazzo Chigi.
In Ecr i polacchi del Pis certamente non voteranno Ursula. Di contro i cechi di Ods, partito del premier Petr Fiala, si esprimeranno a favore. Fdi fino all'ultimo prenderà tempo. E non è detto che un suo eventuale voto a favore sia reso pubblico. Per von der Leyen, del resto, il sostegno di Ecr farebbe aumentare a dismisura i franchi tiratori nei Socialisti, in Renew e magari anche nel Ppe. Di contro, anche l'appoggio strutturale dei Verdi non piace a gran parte dei Popolari, a partire dalla delegazione di Fi. "Ma il Ppe deve comprendere che la campagna elettorale è finita", spiegano dai Verdi. Facendo notare che, in caso di fallimento di von der Leyen, la responsabilità sarà dei Popolari innanzitutto. E c'è un fattore, in particolare, che favorisce l'ex ministra della Difesa tedesca: votarla, per i filo-Ue, significa colpire al cuore il principale nemico interno del Continente, Viktor Orban. Il programma di governo a cui sta lavorando la presidente della Commissione consta di una trentina di pagine. Ogni punto deve parlare ai diversi gruppi che potrebbero votarla.
Il paragrafo migranti, caro al Ppe, sarà esteso e conterrà anche la dimensione esterna delle politiche migratorie. Ampio sarà anche il capitolo del Green Deal, sul quale i Verdi hanno ricevute solide assicurazioni. Sarà un programma per titoli generici, che quindi in futuro permetterà a von der Leyen un ampio margine di manovra. Ci sarà, inoltre, un riferimento ad un commissario agli Alloggi, chiesto dai Socialisti. A loro la Spitzenkandidat guarda con un certo timore. Elly Schlein, finora, sul voto favorevole in Plenaria non si è esposta. E von der Leyen ha composto il numero di telefono del presidente Pd ed ex governatore dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che ha conosciuto nei giorni tragici dell'alluvione del 2023. I Liberali sono anch'essi molto fermi sull'esclusione di Ecr dalla maggioranza. Anzi, spingono affinché i meloniani non abbiano neppure una vicepresidenza esecutiva in Commissione. Da qui a giovedì, quando alle 13 l'Aula voterà, von der Leyen dovrà muoversi come in una cristalleria. La piattaforma Ppe-S&D-Renew conta 401 voti, ai quali si dovrebbero aggiungere i 53 dei Verdi.
La soglia minima è 361. I franchi tiratori ci saranno e, forse, saranno tanti. Il traguardo è lì, davanti a Ursula. Ma non è scontato. Intanto non si attenuano le tensioni con Budapest. E Viktor Orban aumenta il carico. Il premier ungherese, a vertice Nato ancora caldo, ha deciso di volare a Mar-a-Lago per incontrare Donald Trump nella sua residenza privata in Florida. Tutto questo mentre Bruxelles si sta lambiccando il cervello per capire cosa fare per mettere un freno all'uomo forte di Budapest: il cartellino giallo consegnato da 25 Stati membri al rappresentante permanente ungherese nel corso del direttorio dell'Ue - il Coreper - evidentemente non lo ha colpito più di tanto.
Ecco perché l'Ue sta pensando di rincarare la dose. Come? Privando l'Ungheria dell'informale Difesa (Gymnich) - previsto a fine agosto - e trasformandolo in un Consiglio Affari Esteri a tutti gli effetti, dunque con sede a Bruxelles. Per il momento si tratta solo di un'ipotesi. È lecito che Orban si comporti come si sta comportando proprio quando detiene il semestre di presidenza dell'Ue? Il servizio giuridico del Consiglio ha presentato un'argomentazione chiara e forte sul fatto che tutti gli Stati membri sono vincolati dal principio della cooperazione sincera e che la presidenza di turno ha solo "un ruolo limitato nella rappresentanza esterna dell'Ue".
Rodolfo Ricci