Venerdì 22 novembre 2024, ore 8:48

Washington 

L’America riparte forte: mai cosi bene da “Reaganomics” 

L'economia americana corre nel 2021 alla velocità maggiore dai tempi della "Reaganomics". E Joe Biden tira un sospiro di sollievo: in un momento di particolare difficoltà, fra le tensioni con la Russia e il crollo nei sondaggi, il presidente incassa un importante successo oscurato però in parte dalla galoppata dell'inflazione. Il pil lo scorso anno ha segnato un aumento del 5,7%, il maggiore dal 1984, ovvero dal primo mandato di Ronald Reagan. Un balzo che si contrappone al -3,4% del 2020, la contrazione più pesante in 74 anni. Solo nel quarto trimestre l'economia è crescita del 6,9%, ben oltre le attese degli analisti.

Ma il pil non è stata l'unica cosa a crescere nel 2021: le strozzature alle catene di approvvigionamento, la carenza di lavoratori e il balzo della domanda hanno fatto schizzare anche i prezzi. L'inflazione è infatti volata ai massimi da decenni: l'indice dei prezzi sulle spese dei consumatori - diffuso insieme al pil - ha registrato nel 2021 un aumento del 3,9%, il maggiore dal 1990, segnando solo nel quarto trimestre un +6,5%. E proprio il caro prezzi è uno dei motivi che ha fatto salire lo scorso anno la spesa dei consumatori americani del 7,9%, ai massimi dal 1946. A spingere la ripresa americana nel 2021 sono stati i maxi stimoli messi in campo dal governo e la politica ultra espansiva della Fed. Venendo a mancare questi due elementi, gli analisti prevedono un rallentamento della crescita nel 2022 e soprattutto all'inizio dell'anno, quando Omicron ha mostrato i muscoli e rallentato l'attività. Secondo gli analisti, nel primo trimestre il pil crescerà solo del 2%, la crescita più debole dalla metà del 2020.

"Nel 2021 abbiamo avuto la crescita economica più veloce dal 1984. Il mio piano economico sta funzionando", plaude Biden osservando come "per la prima volta in 20 anni, la nostra economia è cresciuta più velocemente della Cina". Festeggiano il buono stato dell'economia americana, che ha recuperato 19 dei 22 milioni di posti di lavoro persi per il Covid, anche alle borse. I dati sul pil restituiscono slancio anche a Wall Street consentendole di superare, almeno per il momento, i timori legati al rialzo dei tassi di interesse della Fed. La banca centrale americana ha certificato la sua intenzione di procedere in marzo alla prima stretta dal 2018, lasciando anche aperta la porta a una serie di rialzi durante l'anno, forse anche cinque come ipotizzano gli osservatori. I ritocchi al rialzo del costo del denaro si sommeranno alla fine del programma di acquisti di asset e all'avvio del processo di riduzione del bilancio, segnando una svolta per la Fed. Dopo anni da colomba contrassegnati da un atteggiamento paziente di fronte all'inflazione, la banca centrale si appresta a voltare pagina e a diventare falco.

Dall’altra parte dell’Atlantico la situazione è più incerta. Per Philip Lane, capo economista della Bce, nell'Eurozona è altamente improbabile che i criteri per alzare i tassi si verificheranno quest'anno, perché l'inflazione tornerà sotto l'obiettivo del 2% nel 2023 e nel 2024, diversamente da Usa e Regno Unito. 

Rodolfo Ricci

( 28 gennaio 2022 )

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