Era tutto prevedibile. La stretta monetaria più rapida della storia dell' euro potrebbe lasciare sul campo economico più caduti della pandemia. Le imprese diventano sempre più vulnerabili, la maggior parte di quelle a rischio si trovano in Italia e Germania, e il numero dei fallimenti nel secondo e terzo trimestre del 2023 ha superato i livelli pre-pandemia, toccando il record dal 2015, cioè dall'inizio della serie storica. Tutti dati che la stessa Bce ha messo in evidenza nell'ultimo bollettino economico, vedendo allo stesso tempo l'avvio di una lenta ripresa nel 2024. Sempre se famiglie e imprese non perderanno la fiducia a causa dei conflitti in corso. Lo scorso anno, sottolinea l'analisi, sono aumentate le imprese finanziariamente vulnerabili e la quota maggiore, se si guarda ai quattro grandi Paesi dell'Eurozona, si trova in Italia e Germania (9%). Un "aumento notevole", spiegano gli esperti, che riflette la quota "relativamente elevata delle imprese industriali" nei due Paesi. In generale, nel secondo e terzo trimestre del 2023, il numero di aziende a rischio è rimasto relativamente basso nel settore dei servizi (6%), mentre è salito nell'industria (11%), nelle costruzioni (10%) e nel commercio (10%). Inoltre, la debolezza è aumentata tra le grandi imprese rispetto alle Pmi, e tra le giovani rispetto alle più vecchie.
Gli economisti spiegano quanto pesino gli aumenti della spesa per interessi: in media, un incremento di 1 punto percentuale degli interessi pagati (in rapporto ai profitti) aumenta del 12% la probabilità di diventare vulnerabile. Le variazioni di debito, fatturato o profitti hanno un impatto molto minore. "Questo suggerisce che gli aumenti dei tassi di interesse, necessari per ridurre l'inflazione, potrebbero incidere sull'attività economica attraverso il loro impatto sulle imprese. Di fatto, le imprese vulnerabili investono meno", ammette lo studio. La situazione, però, dovrebbe migliorare. Secondo il bollettino Bce di febbraio l'attività economica della zona euro "inizierà un lento recupero nel primo trimestre del 2024". Sebbene la crescita per ora si confermi debole, i segnali di miglioramento ci sono già: tra dicembre e gennaio i nuovi ordinativi hanno continuato ad aumentare sia nel manifatturiero che nei servizi, e i sondaggi Bce sulle società non finanziarie e sui previsori professionali suggeriscono che la crescita si rafforzerà gradualmente.
È ancora presto, però, per vedere gli effetti della ripresa sulle famiglie, che ancora risentono della recessione sfiorata: secondo l'Ocse il loro reddito reale è calato dello 0,2% nel terzo trimestre 2023, mentre il Pil reale per abitante è aumentato dello 0,3%. Ma l'Italia è in controtendenza: il reddito reale delle famiglie è cresciuto dell'1,4% nel terzo trimestre 2023 contro il -0,4% del trimestre precedente. Un risultato, secondo l'Ocse, dovuto principalmente all'aumento della remunerazione dei lavoratori dipendenti e dei redditi dei lavoratori indipendenti. Quanto al Pil reale, sempre nel nostro Paese, è aumentato dello 0,1% contro il -0,3% del trimestre precedente.
Segnali misti dalle aspettative di inflazione rilevate a dicembre dall’Eurotower. Secondo le attese per i prossimi 12 mesi il carovita scenderà al 3,2%, il livello più basso da febbraio 2022 e in ribasso rispetto al 3,5% stimato a novembre. Mentre per i prossimi 3 anni le aspettative sono leggermente aumentate al 2,5% dal 2,4%. È quanto emerge dal sondaggio della Bce su 11 paesi che coprono il 96% del Pil dell'area dell'euro e il 94% della sua popolazione. Le aspettative di inflazione al consumo per i prossimi 12 mesi sono quindi diminuite a dicembre per il terzo mese consecutivo. Le attese di crescita del reddito nominale nei prossimi 12 mesi e le aspettative di crescita della spesa nominale sono rimaste sostanzialmente stabili. Le aspettative di crescita economica nei prossimi 12 mesi sono rimaste invariate al -1,3%, mentre il tasso di disoccupazione atteso nei prossimi 12 mesi è diminuito all'11,2%, dal 11,4%. Le aspettative dei consumatori per la crescita del reddito nominale sono rimaste invariate all'1,2%.
La percezione di una crescita della spesa nominale nei 12 mesi precedenti è scesa ulteriormente al 6,8% dal 6,9% di novembre e dal 7% di ottobre. Le aspettative di crescita della spesa nominale nei prossimi 12 mesi sono rimaste stabili al 3,6%. Quanto alle attese per l'andamento dell'occupazione, i consumatori hanno continuato ad aspettarsi che il tasso di disoccupazione futuro sia leggermente superiore a quello attuale percepito (10,8%), il che implica un mercato del lavoro sostanzialmente stabile. I consumatori si aspettano inoltre che il prezzo della loro casa aumenti del 2,2% nei prossimi 12 mesi, leggermente meno delle attese di novembre (2,4%). Le aspettative per i tassi di interesse sui mutui nel prossimo anno sono scese al 5,3%, dal 5,5% di novembre, con le famiglie a più basso reddito che si aspettano i tassi di interesse più elevati.
Rodolfo Ricci