Era ora. La corsa dell'inflazione americana rallenta. I prezzi al consumo in marzo sono saliti del 5%, meno delle attese degli analisti, mostrando come l'aggressiva campagna di rialzi dei tassi di interesse della Fed inizia a dare i suoi frutti. Nonostante la flessione dei prezzi ai minimi da quasi due anni, la banca centrale americana procederà probabilmente in maggio con una mini-stretta dello 0,25%. L'indice core dell'inflazione, quello al netto di energia e alimentari e indicatore privilegiato dalla Fed, è infatti salito il mese scorso del 5,6% accelerando rispetto al +5,5% di febbraio. Un aumento che indica un'inflazione più ostinata delle attese: pur a fronte dei nove rialzi dei tassi decisi dalla Fed nell'ultimo anno, i prezzi infatti si mantengono saldamente sopra il target del 2% suggerendo che la 'battaglia' di Jerome Powell contro il caro-vita rischia di essere ancora lunga.
La maggioranza degli analisti è convinta che la banca centrale alzerà il costo del denaro dello 0,25% il mese prossimo portandolo sopra il 5% e non esclude un ulteriore ritocco al rialzo in giugno. Poi la Fed potrebbe prendersi una pausa e valutare gli effetti delle sue decisioni sull'economia americana. L'incertezza sulle mosse della banca centrale americana comunque resta elevata. Al momento non sembrerebbe ancora esserci un consenso al suo interno su come procedere. Il presidente della Fed di Chicago, Austan Goolsbee, ritiene che serva "prudenza e pazienza" nel valutare l'impatto economico delle più stringenti condizioni di credito. Il numero uno della Fed di New York John Williams si dice invece convinto che la Fed ha ancora del lavoro da fare per far scendere l'inflazione.
Fra i più falchi l'idea diffusa è che le tensioni sul settore bancario, con i fallimenti di Silicon Valley Bank e Signature Bank, non abbiano causato una stretta delle credito sufficiente da giustificare una pausa nei rialzi in maggio. E quindi almeno il mese prossimo sarà necessario agire per confermare la determinazione alla lotta al caro-prezzi. Mentre la Fed lavora per sciogliere il dilemma sulle prossime mosse, Joe Biden esulta ai dati sull'inflazione. "È ancora alta ma abbiamo fatto dei progressi negli ultimi 12 mesi", afferma il presidente americano assicurando che continuerà a battersi per far calare ulteriormente i prezzi e aiutare così gli americani.
Un impegno che Biden prende anche guardando al 2024, consapevole che le sue chance di rielezione alla Casa Bianca nel 2024 dipendono anche dall'inflazione. Non finisce qui. Infatti, lo staff della Fed prevede una lieve recessione più avanti nel 2023. È quanto emerge dai verbali della riunione della Fed del 21 e 22 marzo, che rivelano come la decisione di alzare i tassi dello 0,25% lo scorso mese è stata presa all'unanimità.
Rodolfo Ricci