L’annuncio della candidatura di Charles Michel alle Europee e delle sue dimissioni anticipate dalla carica di presidente del Consiglio Ue ha dato il via alle trattative sugli incarichi di vertice a Bruxelles, dove l’ex primo ministro italiano Mario Draghi viene indicato da alcuni come uno dei principali contendenti."Mario Draghi è un possibile candidato alla presidenza del Consiglio europeo". In un titolo asciutto, come da tradizione anglosassone, il Financial Times sintetizza un'idea che circola sin dalla fine dell'anno scorso e che, senza avere ancora una forma chiara, si basava soprattutto sulla necessità di risollevare le sorti di un'Europa fiaccata dallo strapotere economico cinese e dall'ascesa dei nazionalismi.
La decisione di Charles Michel di candidarsi per le Europee, con il rischio che da giugno a novembre l'Ue sia di fatto governata da Viktor Orban (leader del Paese presidente di turno), ha reso l'idea di Draghi d'improvviso più urgente e concreta, tanto da attirare l'attenzione dell'autorevole foglio britannico. Già nel dicembre scorso, di fronte alla crescente fatica rispetto al sostegno all'Ucraina, ai continui ricatti di Budapest e alle ombre anti-europeiste che aleggiano attorno al voto di giugno, tra funzionari e diplomatici europei era emersa la suggestione di un Consiglio europeo guidato dall'uomo del 'whatever it takes', incaricato nel settembre scorso dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen di stilare un report sulla competitività dell'Europa.
Ed è proprio sulla base di questo report che Draghi potrebbe mettere nero su bianco alcune delle priorità che l'ex premier ritiene necessarie per non finire disarmati nella morsa economica statunitense e cinese. Per delineare, di fatto, un rilancio industriale che, secondo una parte dell'esecutivo Ue, potrebbe fare perno anche sul modello del Recovery. Il fatto che l'ex presidente della Bce non appartenga ad alcun partito da un lato è un vantaggio, dall'altro - come nota il Ft - "potrebbe azzopparlo". Importante, in questo senso, potrebbe essere la tempistica dei negoziati tra i Paesi membri e la possibilità non remotissima che alla fine Michel decida di lasciare prima delle Europee aprendo la strada ad un traghettatore.
Entro novembre, secondo i Trattati deadline per la scelta del presidente del Consiglio europeo dopo le elezioni di giugno, il traghettatore potrebbe essere o meno confermato. Per votare il presidente del Consiglio europeo serve un quorum difficile ma non impossibile: la maggioranza qualificata dei 27. Il no di Paesi molto popolati come la Germania (alla quale l'iper-europeismo di Draghi sulle questione economiche non è mai stato troppo gradito) o come la Polonia o l'Italia potrebbe sbarrare la strada all'ex numero uno dell'Eurotower.
C'è poi da tener conto della tradizionale ripartizione dei tre top jobs Ue - all'Eurocamera, al Consiglio e alla Commissione - tra Ppe, S&d e liberali. E alla poltrona di Michel sono soprattutto i socialisti a puntare.
Rodolfo Ricci