Una fiammata in avvio e il rendimento del Btp decennale italiano è arrivato a toccare, per la prima volta da novembre 2012, la soglia del 5% in un contesto di vendite generalizzate sul mercato obbligazionario, messo sotto pressione dalla prospettiva di un lungo periodo di tassi alti. Con la Fed che, già nella riunione del primo novembre, è attesa ad un nuovo ritocco. Non un caso isolato. Anche il Bund decennale tedesco ha segnato nuovi massimi, raggiungendo il 3% (2,9% a fine giornata), per la prima volta in 12 anni. Così come i rendimenti dei bond a cinque anni in Giappone sui livelli 2013, e i decennali che sono tornati allo 0,8% di rendimento per la prima volta dal 2015.
Non è da meno il Treasury americano, che da maggio è salito di 150 punti base. Una scossa momentanea ma anche il segnale di una tensione non più sottotraccia con i mercati che hanno archiviato la seduta all'insegna della volatilità. Un andamento in cui i titoli tecnologici, dei media e dei servizi di pubblica utilità hanno sovraperformato mentre retail ed energia sono rimasti indietro. Dunque, dopo l'iniziale exploit, i rendimenti in linea generale sono tutti scesi con il Btp che a fine giornata si è assestato al 4,8%, mentre lo spread con il Bund ha segnato quota 194 punti. Nonostante la situazione impegnativa il collocamento del Btp Valore ha ancora tenuto bene. A contribuire anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, che ha reiterato la convinzione che l'attuale livello dei tassi sia sufficientemente restrittivo e in grado di riportare l'inflazione al target del 2%. A cui ha fatto eco la 'colomba' Mario Centeno, secondo cui c'è l'aspettativa ragionevole che il ciclo rialzista sia concluso.
Mentre gli indici pmi dell'Eurozona di settembre hanno dato timidi segnali di ripresa salendo a 47,2 punti, più dei 47,1 punti previsti, contro i 46,7 punti di agosto. Nei fatti l'attesa per una fase di tassi alti che si protrarrà più a lungo sta svalutando il mercato obbligazionario, con il rischio di effetti a catena che potrebbero minacciare la stabilità dei listini. "Il nostro debito pubblico è molto scaglionato nel tempo - ha commentato il leader di Confindustria Carlo Bonomi - e questo ci garantisce di poterci rifinanziare con i giusti tempi.
Però tassi alti vogliono dire bruciare risorse che noi dovremmo dedicare allo stimolo degli investimenti e al taglio delle tasse sul lavoro". Non hanno aiutato i solidi dati sul mercato del lavoro americano, con le aziende che ad agosto offrivano 9,6 milioni di posti, più delle attese: le scommesse per un nuovo rialzo della Fed a dicembre sono così salite sopra il 50%. All'incertezza generale si è aggiunto, negli ultimi giorni, il caos al Congresso statunitense, con la sfiducia allo speaker della Camera, Kevin McCarthy finito nel mirino di alcuni deputati repubblicani in un momento cruciale come quello del dibattito sul bilancio federale. La legge di bilancio americana, infatti, deve essere approvata entro metà novembre ma ora, con l'attuale vuoto di potere, anche quel termine è a rischio.
Rodolfo Ricci