L'inflazione nell' Eurozona non arretra ad agosto ma resta stabile al 5,3%, la Banca centrale europea avverte che le prospettive restano "altamente incerte" e la riunione del board di settembre si carica di attese. Se nel corso di un anno di rialzi dei tassi si è sempre evitato uno scontro finale tra falchi e colombe, il deterioramento dell'economia in corso in molti Paesi renderà incandescente il dibattito in programma a Francoforte tra due settimane. Per adesso i membri del board esecutivo della Bce non si sbilanciano sui nuovi rialzi, ma non nascondono la situazione. "Sui tassi siamo al rettilineo finale" spiega il vicepresidente della Bce, Luis De Guindos, ricordando la serie di aumenti decisi come "medicina amara ma necessaria", aggiungendo tuttavia subito dopo come nella riunione di settembre del consiglio Bce la decisione sia ancora aperta e che si deciderà in base ai dati.
"Dopo oltre un anno di significativa stretta monetaria, le prospettive per l'area euro rimangono altamente incerte. L'attività si è visibilmente attenuata e gli indicatori segnalano una debolezza in vista", spiega Isabel Schnabel aprendo la conferenza sull'inflazione organizzata assieme alla Fed. In particolare dal settore manifatturiero, che ha visto gli ordini crollare a livelli tipicamente osservati solo nelle recessioni profonde, la debolezza si è diffusa anche ai servizi.
Ma se le prospettive di crescita sono più deboli di quanto la Banca centrale prevedesse a giugno, non ci sarà "una recessione profonda o prolungata, assicura Schnabel. Più che il rallentamento dell'economia, alla Bce interessano gli sviluppi dell'inflazione di fondo. E il quadro non dà ancora alcun conforto. "L'inflazione complessiva è scesa, ma le pressioni di fondo sui prezzi rimangono ostinatamente elevate, con i fattori interni che ora rappresentano i principali motori dell'inflazione nell'area euro". Pertanto, una politica monetaria sufficientemente restrittiva è fondamentale per riportare l'inflazione al nostro obiettivo del 2% in modo tempestivo. Però dai verbali della riunione del board del 27 luglio, emerge che il target è stato spostato al 2025, perché raggiungerlo nell'ultimo trimestre del 2024 non è fattibile, se non comprimendo l'economia più del necessario, una mossa che nessuno del board vuole azzardare. Ma in questa situazione molto delicata sorge un altro rischio, che i verbali della Bce portano alla luce: con le prospettive di inflazione ancora elevate, e quelle di crescita più deboli, i membri del board temono che l'economia possa entrare in una fase di stagflazione, invece di un atterraggio morbido (soft landing). Anche per questo, nonostante l'austriaco Holzmann continui a chiedere un rialzo e il portoghese Centeno una pausa, i giochi su settembre sono ancora aperti: "Prima di decidere di interrompere il ciclo di inasprimento, il Consiglio direttivo ha bisogno di segnali più chiari sulla convergenza dell'inflazione verso l'obiettivo".
Segnali che potrebbero arrivare dai dati della prima settimana di settembre. Intanto Fabio Panetta, dal 1 novembre governatore della Banca d'Italia, in uno dei suoi ultimi interventi da membro del board esecutivo della Bce rilancia la battaglia sugli eurobond, che considera un punto di svolta dell'integrazione Ue. Il tabù è stato già rotto con le emissioni comuni che, dopo la pandemia, hanno consentito all'Europa di creare il suo maxi-piano, il Next Generation EU, da cui arrivano anche i fondi del Pnrr. Ora il passo successivo sarebbe rendere permanente quel meccanismo, attualmente considerato un'una tantum. In un post sul blog della Bce Panetta prende il tema da un lato meno battuto. Fino ad oggi il debito comune è stato visto dai Paesi del Sud come un mezzo per superare i problemi di budget sempre più stretti, e da quelli del Nord come uno strumento per condividere i rischi, scaricandoli su quelli più solidi. Panetta invece spiega che "un titolo sovrano privo di rischio, emesso su base stabile dall'Ue", è uno degli elementi cruciali per costruire una vera Unione del mercato dei capitali (Umc).
Nonostante il progetto di Umc risalga al 2015, i progressi sono insufficienti. E il mercato dei capitali europeo resta "tuttora frammentato lungo i confini nazionali". Anzi, la Bce ha riscontrato che in Europa il grado di integrazione finanziaria è attualmente molto inferiore rispetto a prima della crisi finanziaria globale. Ma abbattere "specifici ostacoli all'integrazione dei mercati nazionali potrebbe risultare insufficiente" a creare un'Unione. Serve un passo in più, ampliando l'orizzonte. Panetta spiega che, storicamente, "i mercati dei capitali più avanzati si sono sviluppati attorno a un titolo sovrano". Come negli Stati Uniti, dove è nato "in parallelo con la crescita del mercato dei titoli pubblici emessi dal governo federale". Per Panetta insomma, l'eurobond sarebbe "un punto di svolta".
Rodolfo Ricci