Amazon, Blackstone, ExxonMobil, Glencore, Meta, Tesla e Vangard: sono le sette multinazionali messe sotto accusa dai sindacati internazionali nel progetto in corso “Corporate underminers of democracy” che continuerà a identificare le aziende leader di mercato che sono emblematiche dell’impatto negativo del potere aziendale nella democrazia sul lavoro, nelle società e nelle istituzioni globali. “Queste aziende hanno sostenuto o finanziato forze politiche di estrema destra e autoritarie e sono soggette a denunce e campagne attive da parte di sindacati e movimenti sociali in tutto il mondo”, spiega l’Ituc, spiegando che tale elenco trae “vantaggi finanziari continuando a violare i diritti sindacali e umani, monopolizzare i media e la tecnologia, esacerbare la catastrofe climatica e privatizzare i servizi pubblici. Rappresentano un mondo aziendale più ampio che protegge ed espande i propri profitti indebolendo la democrazia. Queste aziende implementano complesse operazioni di lobbying per minare la volontà popolare e interrompere le politiche globali esistenti o nascenti che potrebbero renderle responsabili. Sono invariabilmente guidate da individui ultra ricchi che sostengono e finanziano politici e partiti di estrema destra per promuovere i propri interessi. Quando l’estrema destra conquista il potere, scredita e priva di fondi le istituzioni democratiche globali; riduce le tasse sui ricchi e sulle aziende; indebolisce i salari di sussistenza; favorisce il finanziamento degli aiuti bilaterali rispetto al multilateralismo e reprime i diritti umani, sindacali e democratici, come dimostrato dal Global Rights Index”. Milioni di lavoratori si sono già mobilitati per un cambiamento della politica. Si sono organizzati per espandere il potere dei lavoratori o hanno intrapreso azioni di sciopero militanti sul posto di lavoro. In tutto il mondo, stanno lottando per una visione di “democrazia in cui i lavoratori stabiliscono insieme la rotta nelle nostre comunità, nei luoghi di lavoro, nei paesi e nelle istituzioni internazionali”. La campagna di vasta portata lanciata dai sindacati internazionali riuniti nell’Ictu si concentra sulle istituzioni globali di alto livello, in cui le delegazioni governative negoziano standard, trattati e obiettivi chiave che plasmano in modo efficace il mondo del lavoro e quindi l’intera società umana. Ai governi che si riuniscono a New York per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Unga) o per il Summit del futuro (Sotf), oppure a Washington per le riunioni annuali della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (Fmi), o infine a Baku, in Azerbaijan, per la conferenza annuale delle parti (Cop 29), i sindacati democratici chiedono un nuovo contratto sociale che costituisca il piano del movimento operaio “per un mondo in cui l’economia è al servizio dell’umanità, i diritti sono tutelati e il pianeta è preservato per le generazioni future”. L’Ictu individua un’altra forza, “una che non è eletta e cerca di dominare gli affari globali. Spinge una visione concorrente che mantenga disuguaglianze e impunità per chi agisce in malafede, finanzia operatori politici di estrema destra e valorizza il profitto privato rispetto al bene pubblico e planetario. Quella forza è il potere delle multinazionali”. Al suo 5° Congresso mondiale nel 2022, l’Ituc ha prefigurato la convergenza tra capitale ed estrema destra: “Mentre la richiesta di un Nuovo Contratto Sociale sta guadagnando slancio, può avere un impatto duraturo solo se è resiliente di fronte all’inevitabile opposizione delle forze politiche regressive e del potere aziendale”. L’Ituc ha anche avvertito che “le stesse istituzioni e processi internazionali che possono e devono gettare le basi per l’inclusività, la prosperità condivisa e un futuro sostenibile sono stati gravemente indeboliti” e “richiedono una riforma fondamentale per far sì che svolgano il ruolo che dovrebbero svolgere nell’attuazione del Nuovo Contratto Sociale”. In effetti, affinché le istituzioni internazionali riflettano la volontà democratica dei lavoratori, devono sottoporsi a riforme per proteggersi da aziende e da forze antidemocratiche che finanziano. I sindacati internazionali chiedono ai governi di adottare un trattato internazionale vincolante che affronti il potere e l’impatto delle multinazionali sui diritti umani di milioni di lavoratori; una riforma globale delle strutture economiche internazionali per aprire la strada a processi decisionali più democratici e inclusivi che diano priorità al benessere pubblico, ai diritti umani internazionali e agli standard del lavoro rispetto al profitto privato; la promozione del multilateralismo democratico affinché le istituzioni riflettano la volontà dei lavoratori di ogni Paese; l’accelerazione dei progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e un’agenda 2030 che tenga conto dei lavoratori, tra cui l’adozione urgente di salari minimi di sussistenza; un’architettura fiscale equa ed una riduzione del debito. Per mappare la relazione tra potere aziendale e politici di estrema destra, l’Ituc collabora con il Reactionary International Research Consortium e l’Autonomy Institute. Per monitorare la capacità di cooperazione delle aziende con le organizzazioni dei lavoratori, l’Ituc si consulta con i partner del Council of Global Unions. Per comprendere le violazioni aziendali e le risposte alle richieste di rimedio, l’Ituc esamina le informazioni pubbliche del Committee on Workers Capital, del Good Jobs First Violations Tracker e delle pagine aziendali del Business and Human Rights Resource Center. Per comprendere l’influenza esercitata dalle aziende nell’attività di lobbying, i sindacati internazionali si avvalgono di ricerche del Transnational Institute e di altre risorse. Sebbene le sette multinazionali citate siano tra i casi più eclatanti nel minare la democrazia, non sono certo le sole. Che si tratti di imprese statali in Cina, Russia e Arabia Saudita, di appaltatori militari del settore privato o di startup tecnologiche che violano le normative, l’Ituc e i suoi partner continueranno a identificarle e monitorare i loro legami con l’estrema destra. Secondo l’Ituc, la causa principale della crisi che sta attraversando la democrazia è “l’economia globale neoliberista e dominata dalle aziende prevalenti”. Questo difetto fondamentale comporta il blocco delle politiche progressiste e il rafforzamento delle disuguaglianze in tutto il mondo. Tuttavia, le istituzioni globali riformate possono svolgere un ruolo trasformativo nella costruzione di un nuovo modello economico, che fornisca un Nuovo Contratto Sociale per i lavoratori in cui siano garantiti posti di lavoro dignitosi, protezioni sociali, inclusione, uguaglianza, diritti dei lavoratori e salari dignitosi. Il futuro dovrebbe dare alle persone e al pianeta la priorità rispetto ai profitti di sfruttamento. Ma questo si realizzerà solo se vincendo la lotta per la democrazia sul lavoro, nelle società multinazionali e all’interno di quelle stesse istituzioni globali. In un mondo in cui la sopravvivenza stessa della democrazia è minacciata, il ruolo dei sindacati nella salvaguardia e nella promozione dei valori democratici non è mai stato così critico.
Raffaella Vitulano