Si tenterà il possibile per evitare l’ennesimo choc sociale. La situazione di Opel (38mila dipendenti), 4 mesi dopo la chiusura delle operazioni d’acquisto da parte di PSA (operazione da 1,3 miliardi di euro e nuovi settori di mercato soprattutto nel nord Europa) resta insostenibile, secondo i vertici del gruppo che ingloba Peugeot, Citroen, DS e Vauxhall. Il “buco” è di 10, forse 15 miliardi di dollari, dal 2000 a oggi, e la quota di mercato, in 18 anni, è scesa dal 9,22 al 5,72 per cento. Per ora, i 400 tagli decisi in Gran Bretagna negli stabilimenti Vauxhall non avranno un seguito in Germania. L’obiettivo, spiega il Ceo, Carlos Tavares, è evitare licenziamenti secchi e chiusura di fabbriche. E del resto, l’accordo con PSA, al momento della vendita di Opel da parte di General Motors, era proprio di risparmiare ulteriori mattanze almeno fino alla fine del 2018. La situazione, tuttavia, è “drammatica”, con i costi di produzione che negli stabilimenti Opel è ancora superiore del 50 per cento rispetto a quelli delle altre marche del gruppo. PSA punta sulla riduzione dei tempi di lavoro, partenze volontarie e prepensionamenti, ma anche riduzione degli investimenti in ricerca e sviluppo e delle spese amministrative. Non sarà comunque indolore, così come non sarà comunque semplice il negoziato con IG Metall. “Il management impopolare di oggi - si lascia scappare Tavares alla stampa francese - saranno gli eroi di domani”. Il ritorno alla redditività è fissato per il 2020, con margini operativi del 2 per cento nello stesso anno e del 6 per il 2026. Le 9 piattaforme tecniche di produzione dei veicoli Opel verranno ridotte a 2 entro il 2024; quelle per la produzione di motori e cambi scenderanno da 10 a 4. Opel utilizzerà progressivamente piattaforme e motori PSA. Molte produzioni oggi avviate in Corea del Sud, almeno 200mila auto all’anno, lascito della collaborazione con General Motors, verranno riportate in Europa, con l’obiettivo di ridurre il costo di produzione di 700 euro per ogni automobile entro il 2020 e fissare il punto di pareggio della redditività a 800mila vetture all’anno. Nel complesso, si parla di 1,1 miliardi di euro di sinergie entro il 2020, che diventeranno 1,7 nel 2026.
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