Riforma del sistema pensionistico e flessibilizzazione del mercato del lavoro. In altre parole, austerity, anche se il governo brasiliano preferisce parlare di “modernizzazione”. Una strategia nota, basata sulle ricette del neoliberismo, riproposta ad oltranza senza soluzione di continuità e senza prendere in considerazione le contraddizioni di un modello già dimostratosi fallimentare. Il governo di centrodestra di Michel Temer, che ha scalzato attraverso un impeachment quello democraticamente eletto di Dilma Rousseff, non appare però in possesso di un mandato popolare solido per portare avanti un programma di riforma così ambizioso, come confermano i sondaggi che danno la popolarità del presidente ben al di sotto del 10%. Il colpo di mano del governo brasiliano non poteva dunque non scatenare un'ingente protesta, la più imponente degli ultimi vent'anni. Lo sciopero generale, proclamato venerdì scorso dai sindacati, fra cui la Cut in rappresentanza di 8 milioni di lavoratori, ha paralizzato il paese esponendo agli occhi del mondo i reali obiettivi di un governo illegittimo. A sostenere la protesta dei lavoratori brasiliani sono scesi in campo, fra gli altri, i sindacati internazionali dell'Ituc e quelli italiani, Cgil, Cisl e Uil.
Lo sciopero generale ha coinvolto 26 Stati e ha condotto alla chiusura di scuole e fabbriche oltre che all'interruzione di molti servizi pubblici fra cui i trasporti. Un paese paralizzato che ha vissuto una giornata di alta tensione con la polizia pronta a intervenire violentemente attraverso l'uso di gas lacrimogeni per disperdere la folla. In particolare a Rio e San Paolo, i manifestanti si sono opposti all'intervento delle forze dell'ordine attraverso l'utilizzo di barricate. Scene di guerriglia urbana che parlano di un'opposizione crescente a un governo considerato da molti come golpista. La mancanza di appoggio popolare a Temer (un sondaggio Ipsos valuta la sua popolarità addirittura al 4%) appare dovuta anche agli scandali che stanno colpendo i membri del suo governo: quasi un terzo del Senato brasiliano è sotto inchiesta per corruzione e lo stesso presidente è accusato di aver intascato una tangente di non meno di 40 milioni di dollari. Ma se Temer può celarsi dietro l'immunità, il Senato è dovuto correre ai ripari approvando, in fretta e furia, una legge che riduce la capacità degli inquirenti di incriminare i membri del Congresso. Una deriva che ha gettato ulteriore benzina sul fuoco del malcontento popolare.
(Articolo completo di Manlio Masucci domani su Conquiste Tabloid)