Il più grande Paese dell'America Latina vira a destra, con l'annunciata elezione al ballottaggio del controverso Jair Bolsonaro, che ha promesso di “cambiare il destino del Brasile”. Al termine di una compagna elettorale assai tesa e molto polarizzata, è stato eletto con quasi 58 milioni di voti - il 55,13 per cento delle preferenze - mentre il suo avversario e candidato di sinistra, Fernando Haddad, si è fermato al 44,87 per cento. Molti commentatori lo hanno paragonato a Trump, ma Bolsonaro è molto più estremista. Di simile alla vittoria di Trump, però, c’è il fatto che metà dei brasiliani oggi si sente galvanizzata e l’altra metà devastata. Nei 27 anni della sua carriera parlamentare, Bolsonaro si è distinto per aver celebrato la brutale dittatura militare che ha governato il Brasile per due decenni e per aver attaccato ripetutamente le comunità nere, gay e indigene del paese. Ora sarà il loro presidente. Ma perché 58 milioni di brasiliani hanno votato per un razzista, omofobico, misogino con una storia di sostegno all'odiata dittatura militare che ha governato il Brasile con torture sistematiche e uccisioni extra-giudiziarie fino agli anni '80? Alcune delle ragioni possono essere collegate all'ondata globale di populismo che ha visto eletto Trump. Ma mentre le somiglianze tra la vittoria di Trump e il voto sulla Brexit nel Regno Unito sono evidenti, la vittoria di Bolsonaro è unicamente brasiliana. Il recente declino economico del Brasile, i terrificanti tassi di omicidi e furti e la diffusa corruzione politica hanno dato a Bolsonaro - un militare senza affiliazioni di partito - il terreno fertile perfetto. Tra i primi a complimentarsi, il ministro degli interni italiano, Matteo Salvini, che ha twittato: "Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al presidente Bolsonaro, l'amicizia tra i nostri popoli e i nostri governi sarà ancora più forte".
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