L'inflazione tira il freno a mano dagli Usa all'Europa, dove già a settembre i prezzi nell'area euro potrebbero scendere sotto l'obiettivo della Bce del 2%. Portando la Bce - complice il deciso rallentamento dell'economia - ad anticipare il prossimo taglio dei tassi a ottobre, anziché dicembre. I primi dati dai singoli Paesi indicano a settembre una caduta dell'inflazione armonizzata all'1,5% dal 2,2% di agosto per la Francia e all'1,7% dal 2,4% di agosto per la Spagna, entrambi ben inferiori al previsto. Mancano ancora due dati cruciali, quelli della Germania e quelli dell'Italia, prima che Eurostat pubblichi domani il dato dell'intera area euro che è quello che conta per la Bce. Ma l'Italia fa i conti ormai con un'inflazione ben sotto il 2%, e la Germania è scesa sotto quella soglia ad agosto. Le analisi raccolte dalla Bloomberg indicano per i prezzi dell'area euro un calo a settembre all'1,8% dal 2,2% di agosto, che porterebbe la crescita annua dei prezzi ai minimi dall'aprile 2021, quando lo stimolo fiscale, le restrizioni al commercio globale, poi la guerra fecero infiammare i prezzi fino a superare il 10% nell'autunno del 2022. Il trend, peraltro, è globale. È significativa negli Usa la discesa dell'indice Pce, quello che la Fed usa come uno dei principali indicatori delle pressioni sui prezzi, al 2,2% in agosto dal 2,6% di luglio.
La prudenza della Bce fino a una settimana fa aveva orientato le attese verso tagli dei tassi graduali a cadenza trimestrale: dopo giugno e settembre, dicembre e poi stesso ritmo nel 2025. L'Eurotower guarda all'inflazione di fondo, ancora ben sopra il 2%: la frenata in atto è in gran parte frutto del calo dei prodotti energetici. La Bce, è vero, deve basarsi sulle aspettative a medio termine, con stime che danno 2,5% nel 2024, 2,2% nel 2025 e 1,9% nel 2026. Ma la doccia fredda sulla crescita tedesca, con segnali di recessione, e i dati sui prezzi degli ultimi giorni hanno completamente riorientato le aspettative sui tassi. Ora gli schermi della Bloomberg, contro uno scenario fino a una settimana fa che dava per probabile un prossimo a dicembre, dicono che i trader del mercato monetario danno all'80% la probabilità di un taglio anticipato, probabilmente di 0,25 punti, nella riunione del 17 ottobre.
L'appuntamento è al meeting 'fuori porta' a Lubiana ospitato dalla Banka Slovenije. Governatori colombe e governatori falchi vanno verso un confronto serrato, ma dalle statistiche ufficiali arrivano sempre più armi ai primi. La scorsa settimana, la Federal Reserve ha deciso di sorprendere i mercati e di procedere a un doppio taglio. I mercati azionari sono rimbalzati, ma il dollaro non ha perso terreno. Il fatto che le comunicazioni della Fed siano state meno dovish di quanto la decisione potesse far pensare, suggerisce che la banca centrale non è ancora particolarmente preoccupata per lo stato dell'economia statunitense.
Le valute peggiori della settimana sono state quelle rifugio, come pure lo yen giapponese, penalizzato dopo un'altra riunione dovish della Banca del Giappone. La valuta di maggiore spicco è stata tuttavia la sterlina, ancora una volta sostenuta da una banca centrale che ha usato dei toni hawkish e che ha lasciato i tassi invariati e al livello più alto tra i paesi del G10. Con la fine delle riunioni delle principali banche centrali, è iniziata settimana più tranquilla. Il principale elemento da tenere in considerazione per i trader saranno gli indicatori Pmi sull'attività delle imprese per il mese di settembr. I numeri dell'Eurozona sembrano confermare il peggioramento della produzione industriale.
Rodolfo Ricci