L'inflazione caparbiamente elevata richiede ancora un altro rialzo dei tassi da 50 punti base alla riunione della Bce di maggio: a solleciare un linea da falco dell’Eurotower è il governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, in un'intervista al quotidiano Boersen Zeitung riportata dalla Bloomberg. "Il rischio di fare poco adesso e alimentare l'inflazione, è più grande del rischio di fare troppo", ha detto Holzmann. Sul Qt, ovvero il processo con il quale la Bce si sta liberando dei bond acquistati negli anni, Holzmann ha sottolineato che se il passo attuale di 15 miliardi al mese non solleva nessun problema sui mercati, c'è margine per aumentarne il ritmo. La Banca centrale europea deve continuare ad aumentare i tassi di interesse anche secondo il membro del Consiglio Direttivo Klaas Knot, che ammette però che un ritmo più lento di inasprimento potrebbe essere giustificato.
"Non abbiamo certo finito con i rialzi dei tassi di interesse", ha detto il presidente della banca centrale olandese in un'intervista al quotidiano NRC, secondo quanto riporta Bloomberg. . "L'inflazione di fondo nell'area dell'euro è ora quasi al 6%, e non è possibile combatterla con un tasso d'interesse del 3%", ha affermato Knot aggiungendo che l'unica domanda che ci si pone "è se sia ancora necessario fare un rialzo di mezzo punto percentuale, come le ultime volte che abbiamo aumentato i tassi, o se si può già tornare a incrementi più piccoli di un quarto di punto percentuale". "Dovremo stabilirlo nella riunione della Bce di maggio. Io non ho ancora deciso", ha sottolineato. Come si vede, la partita è tutt’altro che chiusa, ma per ora le colombe risultano in vantaggio e il prossimo 4 maggio la Banca centrale europea potrebbe procedere con un aumento dei tassi dello 0,25%. Stando ad alcune indiscrezioni di Reuters, i governatori favorevoli una linea più morbida nella guerra ai prezzi starebbero infatti avendo la meglio per due ragioni. La prima è l’accresciuta incertezza del quadro dopo le turbolenze bancarie che hanno colpito Credit Suisse e lambito Deutsche Bank. E la seconda è che i precedenti rialzi del costo del denaro devono ancora mostrare appieno il loro effetto sull’economia dell’Eurozona.
Dirimenti per la decisione finale Francoforte restano i dati sull’inflazione di aprile e i risultati dell’indagine trimestrale sui prestiti bancari della Bce, entrambi in agenda il 2 maggio. Ma la tesi prevalente è che sarebbe più lungimirante rallentare il ritmo e avvicinarsi al picco a piccoli passi per poter meglio aggiustare il tiro man mano. Anche perchè un tasso di deposito al 3%, come quello attualmente in uso all’Eurotower, è già sufficiente a rallentare la crescita. Ecco quindi che i mercati si attendo ritocchi 25 punti base a maggio e giugno, più un terzo analogo aumento più avanti. Il board di Francoforte resta comunque profondamente diviso, con una piccola minoranza favorevole alla pausa che si oppone a un’agguerrita compagine orientata al ritocco di mezzo punto percentuale.
Ultimo a dare voce ai falchi è stato il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, che in un’intervista alla Cnbc ha ribadito la necessità di proseguire con la linea dura. "Non c’è contraddizione tra ciò che dobbiamo fare sul versante della stabilità dei prezzi e su quello della stabilità finanziaria. Abbiamo strumenti diversi per affrontare i due problemi", ha detto il banchiere tedesco, sottolineando come si tratti anche di un messaggio importante per i mercati finanziari. "Siamo molto impegnati nella lotta contro l’inflazione. Lo step dei 50 punti base è stato più o meno una conseguenza senza contraddizioni a ciò che facciamo per la stabilità finanziaria e a ciò che facciamo per la stabilità dei prezzi", ha aggiunto.
D’altra parte i prezzi nell’Eurozona restano su livelli elevati, con la componente core che continua a non dare segnali di rallentamento. E anche le previsioni non sono rosee: stando all’Economic Experts Survey, l’indagine trimestrale condotta tra gli economisti globali dall’Ifo Institute e dallo Swiss Economic Policy Institute, il carovita a livello mondiale raggiungerà il 7% quest’anno e il 5,9% il prossimo. "Le aspettative per il 2023 sono quasi identiche a quelle espresse nel sondaggio di inizio anno. E per il 2024 e il 2025 sono leggermente aumentate", ha spiegato Niklas Potrafke dell’Ifo, precisando che le previsioni per quest’anno sono sotto la media mondiale in diverse regioni, tra cui l’Europa occidentale (5,3%), il Nord America (5%) e il Sud-Est asiatico (5,1%).
Rodolfo Ricci