È l'unico dato certo. Sarà l'ultima presidenza operativa prima delle Europee. C'è un mantra che segna il semestre europeo a guida spagnola: i principali dossier sul tavolo vanno conclusi entro dicembre per evitare il rischio del "mai più". Ursula von der Leyen e Pedro Sanchez lo hanno ripetuto all'unisono a Madrid, al termine della missione del collegio dei commissari a casa di un primo ministro di chiaro stampo europeista, ma con l'ombra della sconfitta elettorale già a fine luglio. In una ventina di giorni la Spagna potrebbe cambiare volto e proporre, come altri Paesi membri, uno schema di alleanza centro-destra-destra.
A quel punto, anche l'ultima presidenza Ue operativa potrebbe perdere forza. Eppure, per la prima volta da tempo, la presidente della Commissione ha voluto condividere una sua "riflessione" sull'ascesa dell'estrema destra in Europa. Rispondendo ad una domanda in conferenza stampa von der Leyen ha infatti rimarcato il fossato che divide il centro europeista con l'estrema destra e l'estrema sinistra. Facendo un esempio non causale, quello del Green Deal sul quale una parte del Ppe, sulla spinta del presidente Manfred Weber, ha cominciato a fare squadra con la destra proprio contro le politiche della Commissione.
"Il cambiamento climatico è un fatto, noi abbiamo una visione di come affrontarlo e renderlo un'opportunità", è stata la stoccata di von der Leyen. Che, come Weber, milita tra i Popolari. Sanchez, al suo fianco, annuiva. La campagna elettorale in Spagna inizia il 6 luglio e il primo ministro attenderà quel giorno per attaccare Alberto Nunez Feijoo e il possibile patto di governo con Vox. Per il momento, si è limitato a promettere passi avanti verso un'Europa più federale e un uso più cospicuo di quella maggioranza qualificata che, sul patto sulla migrazione, ha fatto infuriare i governi sovranisti di Polonia e Ungheria.
"L'Europa è rilevante nel mondo solo se unita", ha sottolineato Sanchez riprendendo uno dei titoli della presidenza iberica: 'Europa mas cerca'. E basta andare a guardare i dossier ancora da approvare per condividere le parole dell'inquilino della Moncloa: dalla migrazione alle ultime, contestate misure del Fit for 55 fino alla riforma del Patto di stabilità. Una riforma che, ha ribadito von der Leyen, "va finalizzata entro l'anno". O si tornerà allo status quo ante-Covid, di certo non favorevole all'Italia. La presidente della Commissione ha ripetuto più volte la parola "fiducia". Lo ha fatto elencando le sfide che attendono Bruxelles nei prossimi sei mesi, ricordando la necessità di una risposta europea sui flussi e di accordi con i Paesi del Nordafrica.
Si è detta fiduciosa anche sulla più delicata, forse, delle sfide: la revisione del bilancio pluriennale. L'Ue vuole 66 miliardi in più dai 27 e vuole mettere in campo un sostegno di lungo termine da 50 miliardi per Kiev e 15 miliardi per le politiche di sicurezza e vicinato. Consapevole della trincea di Varsavia e Budapest e del rischio che l'intreccio con il dibattito sul Patto di stabilità inneschi un pericoloso tutti contro tutti.
Rodolfo Ricci