Arriva il terzo taglio dei tassi da parte della Bce, ma ad attrarre l'attenzione sarà il dopo: la possibilità che la presidente Christine Lagarde, finora prudente, apra a un approccio più deciso sulla riduzione del costo del denaro, di fronte all'accumularsi di rischi per le prospettive di crescita dell'area euro. In pratica, la Banca centrale europea taglia per la terza volta quest'anno i tassi d'interesse di 25 punti base. Il tasso sui depositi scende al 3,25%, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 3,40% e quello sui prestiti marginali al 3,65%. "Le ultime informazioni sull'inflazione indicano che il processo disinflazionistico è ben avviato e prospettive di inflazione sono influenzate dalle recenti sorprese al ribasso degli indicatori dell'attività economia", scrive l’Eurotower, spiegando così la decisione di tagliare i tassi d'interesse di un quarto di punto.
Al meeting di oggi a Lubiana, in Slovenia, tutto programmato, non ci sono state nuove stime macroeconomiche di Francoforte: quelle arriveranno a dicembre. Ma gli ultimi dati segnalano rischi elevati per le prospettive di crescita in Europa. Specie nella prima economia, la Germania, dove è altamente probabile sia in corso una recessione che farebbe del 2024 il secondo anno consecutivo con crescita negativa. Nell'ultimo Bollettino economico la Bce scriveva che preoccupa il quadro complessivo disegnato dagli indici anticipatori. Non basta il rimbalzo della produzione industriale ad agosto, anche se il +1,8% pubblicato ieri da Eurostat interrompe un trend di recessione manifatturiera che durava da quasi due anni colpendo le principali economie, Italia e Germania. Il timore è che, data l'alta volatilità di agosto, quella 'ripresina' non preannunci una svolta.
Anzi. Alla Bce si teme per i segnali - proveniente dagli indici Pmi dei direttori degli acquisti - che l'industria possa trascinare con sé il settore dei servizi che finora aveva retto. Per non parlare de rischi geopolitici crescenti: guerra in Ucraina, Medioriente che rischia di deflagrare, venti di nuove guerre commerciali a poche settimane dal voto americano. E così è stata travolta la roadmap di Francoforte valida fino a qualche settimana fa, che indicava tagli graduali a cadenza trimestrale, dopo giugno e settembre, prossimo taglio a dicembre. Ora è pressoché scontato (al 98% secondo i contratti swap sui tassi) anche un taglio nella riunione di dicembre, che insieme porterebbero il tasso sui depositi al 3% dal 3,50% attuale.
Con l'inflazione scesa a settembre all'1,7%, sotto l'obiettivo del 2%, la gran parte dei governatori 'falchi' si è astenuta da commenti nelle scorse settimane. Si rafforzano, invece, le 'colombe' nel Consiglio direttivo. Come il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, che da mesi avverte: l'effetto dei tassi elevati si fa sentire dopo mesi. E ridurli troppo tardi rischia di costringere la Bce ad agire con più forza in futuro. Uno spauracchio per la Bundesbank, che conta sul progressivo smaltimento dei titoli di Stato accumulati nella pancia della Bce.
Non solo. Di fronte a un peggioramento delle prospettive macroeconomiche, è possibile che Lagarde sia costretta a cambiare registro tornando a delineare una 'forward guidance' che orienta le attese sul percorso futuro dei tassi. Magari abbandonando la formula secondo cui la Bce deciderà "meeting dopo meeting" sulla base dei dati via via disponibili. E lasciando intendere, invece, che i tassi d'interesse andranno dall'attuale livello, ancora restrittivo, verso una posizione più neutrale.
Rodolfo Ricci