Terza settimana di gennaio, plenaria a Strasburgo: all'ombra del nuovo allarme pandemico è a quell'appuntamento che guardano i 705 parlamentari europei. Tra il 18 e 20 gennaio infatti andrà in scena l'elezione del nuovo presidente dell'Europarlamento. Il problema, per il Ppe, è che c'è la concreta possibilità che il successore di David Sassoli sia Sassoli stesso.
I socialisti, mentre il Ppe candidava ufficialmente Roberta Metsola, hanno bruciato l'accordo del 2019 stilato con i Popolari affermando che puntano a votare il loro presidente. Non sarà facile ma il gruppo S&D nei prossimi giorni potrebbe giocarsi la carta dei liberali. E l'occasione potrebbe essere l'incontro tra Sassoli e Emmanuel Macron di giovedì prossimo. Il bilaterale avverrà a Strasburgo, ad ora di pranzo. L'occasione sarà fornita dall'omaggio a Valéry Giscard d'Estaing, l'ex presidente francese promotore della terza via per l'Unione europea. La certezza dell'evento resta aggrappata alla situazione pandemica ma se l'appuntamento sarà confermato nella città alsaziana ci saranno il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, la numero uno della commissione Ursula von der Leyen, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, Sassoli e Macron che avranno un bilaterale a margine. Non è certo che il tema della presidenza sia sul tavolo ma un punto è innegabile: Macron è anche il gran manovratore del folto gruppo di Renew. I liberali, all'inizio della legislatura, votarono con convinzione Sassoli.
Ora non si sono espressi tenendosi strategicamente le mani libere. Anche il Ppe, infatti, li corteggia. Il capogruppo Manfred Weber si è detto "pronto ad un accordo di coalizione con Renew". In quel caso la corsa di Sassoli sarebbe già finita. Difficile che il presidente esponente del Pd trovi consenso dalle parti dei Conservatori e Riformisti o dei sovranisti di Id. Più facile, invece, incassare il placet degli eurodeputati M5S anche nella chiave di un loro ingresso nel gruppo S&D. Per tutti conteranno, ovviamente, i contenuti dell’offerta, poltrone della vice presidenza e delle commissioni parlamentari incluse. Nel frattempo, tra i Popolari, cresce la tensione nei confronti dei socialisti. La loro candidata, la maltese Roberta Metsola, milita nel Partito nazionalista ma, di fatto, è una moderata, nota per le sue battaglie anti-corruzione. Perché sia eletta, senza i voti del S&D, al Ppe serviranno i sì delle destre, con cui i rapporti, al momento non sono certo ai massimi. E i socialisti non sono certo vicini alla resa. "L'Europa non è più quella dei conservatori", è il messaggio da loro inviato, forti del nuovo premier Spd Olaf Scholz al governo tedesco. Gli equilibri politici in Ue sono cambiati e con von der Leyen (Cdu) a capo della commissione e Michel (il cui partito di appartenenza fa capo a Renew in Europa) ai vertici delle istituzioni a Bruxelles a Strasburgo - questa la loro tesi - non può non esserci un esponente dei socialdemocratici.
Intanto è rarrivato il primo via libera in Unione europea al salario minimo. La proposta di direttiva, dopo aver visto due settimane fa la luce verde della commissione Occupazione dell'Europarlamento, ha incassato anche l'ok della plenaria di Strasburgo con una netta maggioranza. Ed è un sì, quello dell'Europarlamento, che di fatto indirizza Bruxelles su un percorso che potrebbe portare all'approvazione della direttiva già nel 2022, sotto il semestre di presidenza francese. Il testo sull'introduzione di un salario minimo in Europa 443 voti a favore, 192 contro e 58 astensioni. Ed è il M5S tra i primi ad esultare per il passo avanti. I tempi europei per l'ok finale alla direttiva - che va recepita dagli Stati membri - non saranno brevissimi. Il via libera dell'Europarlamento, di fatto, è il punto di partenza dei negoziati sulla proposta, che vanno a culminare nel cosiddetto trilogo che vede al tavolo Parlamento, Consiglio Ue e Commissione.
Rodolfo Ricci