Sconfiggere il Covid e sostenere la ripresa post-pandemia si può fare solo con un approccio sistematico e multilaterale, garantendo l'accesso equo ai vaccini secondo il mantra per il quale "nessuno si salva da solo". Sembra unanime la posizione riassunta da Luigi Di Maio, padrone di casa, dei Paesi del G20 riuniti nella ministeriale degli Esteri a Matera, il primo in presenza dopo il meeting saudita del 2020. Ma i distinguo sul modo di intendere il sostegno ai Paesi più poveri nelle loro campagne vaccinali emergono negli interventi dei ministri, dentro e fuori Palazzo Lanfranchi. È il tedesco Heiko Maas a puntare il dito, ancor prima di entrare alla riunione, contro "la diplomazia vaccinale" che Pechino e Mosca portano avanti da mesi, mirando - è l'accusa - a "vantaggi geostrategici di breve termine" anziché ad aiutare la salute globale. Il riferimento è alle milioni di dosi dei loro vaccini Sputnik, Sinovac e Sinopharm donate a Paesi africani, dell'America Latina, persino europei nei Balcani.
Donazioni che agli occhi occidentali appaiono appunto solo una strategia per accrescere la propria influenza nel mondo, a qualsiasi costo. Anche a rischio di somministrare vaccini inefficaci, come alcuni studi ripresi dai media Usa sostengono sia successo in Cile con il Sinovac. La replica di Pechino non si fa attendere. Collegato da remoto perché ufficialmente trattenuto dalle celebrazioni per i 100 anni del Partito comunista, il ministro cinese Wang Yi rivendica la generosità della Cina: "Noi abbiamo distribuito 450 milioni di dosi a 100 Paesi".
Ed esorta il resto del G20 a prendere esempio: "Chi può ha il dovere di contribuire a eliminare il divario di immunizzazione" nel pianeta, ha detto Wang, esortando a fare altrettanto e ad evitare restrizioni all'esportazione dei vaccini e l'eccessivo accaparramento delle dosi da parte di chi ne ha in abbondanza. Del resto, nel giorno in cui si taglia il traguardo dei 3 miliardi di dosi somministrate nel mondo, la fotografia della distribuzione dei vaccini scattata dall'Afp mostra in modo evidente e drammatico il solco che separa i Paesi ricchi da quelli poveri: in Africa sono state somministrate finora 3,6 dosi ogni 100 abitanti, contro le 79 su 100 nei Paesi ad alto reddito e una media mondiale di 39 su 100.
"Dobbiamo portare più vaccini in più Paesi", ha riconosciuto anche il segretario di Stato Usa Blinken. Non in modo unilaterale, ha però avvertito, convinto anche lui che solo con la "cooperazione multilaterale si possa fermare la crisi sanitaria globale". Piuttosto "attraverso il meccanismo Covax", la campagna dell'Oms per l'accesso equo ai vaccini, che gli Stati Uniti sostengono con 2 miliardi di dollari.
Ma non basta: sono necessarie azioni urgenti per invertire l'attuale tendenza in Africa, è stato l'appello del ministro congolese, Christophe Lutundula, in veste di presidente di turno dell'Unione Africana.
Rodolfo Ricci