La forza del gesto di Papa Francesco, la sua volontà di aprire, dopo quella della basilica di San Pietro, un’altra Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia (prima volta nella storia di un Giubileo), rappresenta per più motivi un passaggio fondamentale. Ciò è avvenuto quando non si placano le violenze delle guerre, dall’Ucraina a Gaza. E poi, in una prigione, luogo da lui scelto e definito durante l’Angelus “cattedrale del dolore e della speranza”. Nei giorni in cui ha detto “basta alla colonizzazione dei popoli con le armi”. Di “lavorare per il disarmo”, augurando ai “fratelli ebrei” pace e serenità, e di condonare i debiti ai Paesi poveri. E quindi di aiutare chi deve scontare la sua pena.
Proprio mentre il Cnel rilancia il suo programma “Recidiva zero” per il reinserimento dei detenuti attraverso l’organizzazione, grazie alla collaborazione con il ministero della Giustizia e di altri attori, istituzionali e non, di “iniziative di studio, formazione e lavoro” in loro favore.
Un piano di intervento ambizioso, di giustizia riabilitativa se, come sostengono nell’istituto di ricerca, sei condannati su dieci sono già stati in carcere almeno una volta, con la media dei reati ascritti a ogni uomo detenuto che è pari al 2,4% contro l’1,9 di ogni donna detenuta, e si stima che il dato della recidiva possa calare fino al 2% per coloro che hanno avuto l’opportunità di un inserimento professionale. Ad oggi, circa un terzo frequenta corsi di istruzione: la formazione professionale coinvolge più o meno il 6% di chi è recluso. Il numero complessivo dei detenuti iscritti all’università non raggiunge il 3%, quelli coinvolti in attività lavorative sono il 33%, ma solamente l’1% di essi è occupato presso imprese private e il 4% presso cooperative sociali. La stragrande maggioranza, pari all’85%, lavora alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, alle volte solo per poche ore al giorno o al mese. E fra i reclusi l’82,5% svolge servizi d’istituto. La mancata offerta di possibilità lavorative per i carcerati priva lo Stato di un ritorno sul Pil fino a 480 milioni di euro. L’86% degli istituti penitenziari ha locali all’interno adibiti ad attività di tipo lavorativo e formativo, ma quattro su dieci sono inattivi. Il 31,8% dispone di aule didattiche utilizzate per corsi di istruzione di I e II grado e per l’istruzione terziaria; il 64,7% dispone di 555 aule per istruzione primaria e secondaria, mentre il 3,5% non dispone affatto di aule.
Del resto, nel maggio del 2024 l’assemblea del Cnel ha approvato all’unanimità il primo disegno di legge della XI Consiliatura, recante “Disposizioni per l’inclusione socio-lavorativa e l’abbattimento della recidiva delle persone sottoposte a provvedimenti limitativi o restrittivi della libertà personale emanate dall’autorità giudiziaria”, poi trasmesso formalmente alle Camere. In questo modo è stato dato seguito al lavoro istruttorio svolto a decorrere dalla data di sottoscrizione dell’Accordo interistituzionale con il ministero della Giustizia del giugno 2023 e culminato proprio nella giornata di lavoro “Recidiva zero” del 16 aprile 2024. Scopo principale, costruire un ponte tra i penitenziari e la società, portando il lavoro e l’istruzione al centro di un progetto di inclusione sociale, che veda protagonisti le imprese, i sindacati, il volontariato, il sistema scolastico e universitario e gli enti locali, secondo una logica win-win-win, dove tutti ne traggono vantaggi. Tra l’altro, in stretto raccordo con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap), al Cnel è stato insediato un segretariato per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale, al fine di promuovere la cooperazione interistituzionale.
“Questo del Pontefice è stato molto più di un gesto simbolico - afferma il presidente del Cnel, Renato Brunetta -. Si vuole così dimostrare, in giorni di festa, una particolare vicinanza alla popolazione detenuta, agli operatori carcerari, alle famiglie di chi sta scontando la pena. Il Papa, riprendendo la sua teoria di una ‘cultura dello scarto’, ha voluto sottolineare che il recupero è possibile anche se società e carcere sono ancora due mondi incapaci di comunicare efficacemente tra loro. Uno strumento per farli incontrare è sicuramente il lavoro, fuori e dentro le carceri, purtroppo finora poco sviluppato. Il Cnel - conclude Brunetta - con il suo disegno di legge intende raggiungere l’obiettivo della ‘Recidiva zero’, al fine di avviare una logica di rete che rappresenti, per l’intera popolazione dei reclusi, una prospettiva e una speranza di integrazione, dando compiuta applicazione al principio di rieducazione della pena previsto dall’articolo 27 della Costituzione”.
Intanto, il mondo politico plaude all’iniziativa del Papa. "Una decisione che impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri”, asserisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che chiede più giudici di sorveglianza e agenti della Penitenziaria, e di “intervenire sulla carcerazione preventiva e di far scontare la pena in comunità ai tossicodipendenti”.
Per la responsabile nazionale giustizia del Pd, Debora Serracchiani, “il Partito democratico è pronto al confronto sull’argomento, ma è necessario che il governo cambi radicalmente approccio”. “Quest’anno - sottolinea Serracchiani - abbiamo visitato la gran parte degli istituti penitenziari italiani nell’ambito della campagna ‘bisogna aver visto’: siamo di fronte a una forte emergenza umanitaria. Serve più personale, investimenti infrastrutturali e una visione che restituisca alle carceri il ruolo di luoghi di rieducazione e reinserimento e il ddl Sicurezza, ora al Senato, rappresenta un’opportunità concreta. È tempo che il governo dimostri di voler affrontare davvero il problema con soluzioni strutturali e coraggiose iniziando con la cancellazione di quella norma incivile che costringe al carcere donne incinte, bambini e bambine”.
Secondo Samuele Ciambriello, portavoce della conferenza nazionale dei garanti territoriali delle persone private della libertà personale, “tra suicidi, morti e sovraffollamento è raddoppiato il numero dei detenuti in attesa di giudizio: 19mila sono stranieri, 17mila tossicodipendenti, più di quattromila malati di mente”. “In un anno così nero - si chiede Ciambriello - come non valorizzare la scelta del Papa di aprire una Porta Santa in un carcere? Un unicum nella tradizione della cristianità che, non a caso, è arrivato nel giorno di Santo Stefano, primo martire della Chiesa cattolica”. E un segnale di speranza per tutti.
Fabio Ranucci