Mercoledì 12 febbraio 2025, ore 8:05

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“Meriti e bisogni”, “valore e valori”: la lezione di Adriano Olivetti si potrebbe riassumere in questi due binomi, ma non basterebbe una vita per poter raccontare quella che è stata la vicenda biografica e professionale di questo grande industriale italiano, ancora oggi considerato un esempio internazionale “di prassi virtuosa e pacificante”. Ecco la ragione per cui Maurizio Navone e l’associazione ADI Museum hanno pensato di ricordare questa importante figura del Novecento all’interno di un saggio dal titolo “Olivetti. Uomini, progetti e prodotti” soffermandosi non tanto sul personaggio, ma, in modo molto originale, su una serie di aneddoti e di uomini che hanno lavorato accanto a lui, mantenendo sul sottofondo la storia del prodotto Olivetti. Uomini che sono stati protagonisti della “famiglia Olivetti” e che hanno segnato lo sviluppo del nostro paese attraverso una serie di oggetti divenuti iconici, che sono stati presentati in una piccola mostra allestita presso l’ADI Museum di Milano dal 14 gennaio all’8 febbraio, per mantenere viva la memoria di un mondo che purtroppo ora non c’è più. Uomini che avevano un modo di pensare, di agire, con una retorica e una tecnica legata al senso del lavoro, che spesso oggi manca. A partire da Natale Capellaro che incarna la crescita meritocratica in un cotesto aperto all’innovazione. Entrato in Olivetti appena quattordicenne, grazie al proprio talento in pochi anni Capellaro ottiene incarichi sempre più impegnativi che lo portano a progettare la calcolatrice Divisumma 24 e poi a creare un “ufficio progetti” composto da ingegneri, periti e operai animati da curiosità sperimentale, “la meccanica sapiente” che in 10 anni è in grado di depositare ben venti brevetti, la cui eredità, la “meccanica leggera”, ha posto le basi per le successive tecnologie elettroniche e informatiche; Gastone Garziera, espressione dello spirito avveniristico dell’azienda e dell’ambizione di chi, in un’Italia lontana dai centri del potere tecnologico, sognava di creare un computer da dare a tutti. Assunto giovanissimo in Olivetti per lavorare con il team di ricerca di Mario Tchou, Garziera entra subito a far parte del gruppo diretto da Giorgio Perotto con il quale sviluppa il primo computer da tavolo, Programma101, cambiando il volto alla tecnologia grazie alla sua compattezza, intuitività e alla presenza di una nuova memoria magnetostrittiva; Roberto Pieracini, curatore dell’intera campagna pubblicitaria della Valentine, macchina da scrivere nata nel 1968, dal colore rosso, versatile, adatta ad un pubblico vasto, dal design firmato da Sottsass, P. King e A. Leclerc. Pieracini dopo aver iniziato la sua carriera da ceramista a Pesaro, sua città natale, si trasferisce a Milano per lavorare alla catalogazione della collezione di ceramiche di Sottsass. Sei mesi dopo entra a far parte dell’Olivetti dedicandosi al design dei caratteri per i tasti delle macchine da scrivere sotto la guida di Clino Castelli, divenendo uno dei più apprezzati manager della comunicazione dell’azienda; George Sowden, che concretizza praticamente una workstation, rivoluzionando l’esperienza d’uso di una postazione di lavoro grazie ad un design più umano e flessibile. A lui si devono gli studi per un terminale scomposto in tre parti distinte: una tastiera, un’unità di base svincolata e a dimensione variabile in rapporto alle esigenze dell’utente, procurando all’azienda di Ivrea una commessa che permetterà lo sviluppo e l’ingegnerizzazione del sistema L1. Storie di persone e oggetti “mitici” tra cui anche la serie 45 di Olivetti, una serie di mobili per ufficio che getta le basi per spazi di lavoro funzionali ai bisogni e ancora, sussidi, lampade, fermacarte e non ultima l’agenda Olivetti disegnata dall’artista Enzo Mari con l’art direction del poeta e scrittore Giorgio Soavi, oggetto simbolo di un’epoca, che ha popolato le scrivanie di intere generazioni a livello planetario, rimanendo per ben 31 anni un bestseller con 140mila copie di tiratura e negli anni d’oro in sei edizioni linguistiche (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e russo). Una storia generativa e senza interruzione, quella dell’Azienda Olivetti, che parte dal 1908 con Camillo Olivetti, padre di Adriano e con la prima macchina per scrivere, M1, prodotta nel 1911 e che arriva fino al 1983 con l’M10, precursore dei tablet contemporanei. Tutto questo è raccontato attraverso riflessioni e interviste nel saggio di Maurizio Navone, con l’intento, non solo di lasciarne memoria, ma per riproporre oggi senza retorica questioni sul senso dell’operare e su come spesso le persone fanno la differenza all’interno di un progetto, che sia un progetto d’azienda o di dettaglio, mettendo in evidenza i rapporti tra quelli che sono i meriti e quelli che sono i bisogni. Adriano Olivetti ha posto in prima persona, attraverso uno scenario nuovo calato in un territorio fertile, la questione di un equilibrio necessario tra meriti e bisogni, tra un capitalismo che cerca legittimamente il profitto, una collocazione all’interno della competizione sul mercato, e i bisogni di quelli che non hanno la possibilità di intervenire. Chi ha la possibilità di agire all’interno di un progetto di dettaglio o di azienda secondo la visione di Olivetti è tenuto a trovare questo equilibrio. Oggi più che mai c’è bisogno di questo approccio al lavoro e chi ha lavorato vicino o insieme a Olivetti si sente portatore di questo modello.

La scelta da parte dell’ADI Museum di promuovere attraverso una mostra e un nuovo saggio il mondo olivettiano è sicuramente legata al rapporto tra Olivetti e il Design, con l’interesse anche di mettere in evidenza l’anomalia olivettiana in particolare nella redistribuzione degli introiti finanziari dell’azienda. Olivetti pagava i suoi dipendenti con stipendi sostanzialmente diversi dalle altre aziende del tempo e con una serie di servizi a corollario del vivere quotidiano della comunità, perché Adriano Olivetti voleva fare sentire i propri dipendenti parte di una grande famiglia grazie una serie di servizi (mense, biblioteche, asili, case per dirigenti) che egli impiantava sul territorio, oltretutto con ambienti progettati dai migliori architetti del tempo da Pollini a Gardella. Questa anomalia è ciò che nel suo saggio Navone ha voluto mettere in luce. Fermo restante che l’azienda è fatta di processi, per Adriano Olivetti erano le persone che la costituivano e lui aveva la straordinaria capacità di raccogliere intorno a sé le eccellenze: e di quelle eccellenze il libro ha voluto raccontare.

Olivetti era bravissimo a produrre “valore”, sapeva cioè produrre molto danaro, aveva messo in piedi, dopo aver studiato il mondo del lavoro in America e in Francia, procedure operative di produzione efficientissime, completando l’efficienza della catena di montaggio con asili, biblioteche, mense, ritenendo che la madre che non si doveva preoccupare per i figli lavorava più serenamente, perché l’operaio con un mutuo più basso aveva meno pensieri, vedendo la presenza di un mutuo scambio della produzione del lavoro nell’offerta della qualità della vita. Spendeva i suoi soldi nella produzione rafforzando una serie di “valori” molto importanti come quello della socialità della comunità, una comunità che non riesce a morire anche oggi, come fosse una comunità di eletti. Promuoveva l’innovazione e la ricerca, la capacità di produrre nuovo e la necessità di farlo capire, di renderlo intellegibile, perché ciò che è ignoto ci fa paura, mentre possiamo apprezzare ciò conosciamo. Tutto ciò che Olivetti faceva era accompagnato e declinato con una serie di linguaggi narrativi che fossero essi oggetti, mostre, pubblicità, depliant per uso, persino i tecnici che andavano nelle case a montare i prodotti con il tentativo di renderli comprensibili.

Tutta la bellezza che egli richiedeva attraverso studi approfonditi di design era in realtà necessaria perché il nuovo venisse accettato, perché la ricerca non fosse solo cosa da specialisti, perché le macchine non spaventassero nessuno, perché l’intelligenza artificiale non fosse un’aliena, ma qualcuno con cui potersi confrontare. Tutto questo si può raccontare in un libro? Non è sufficiente, ma è importante ricordarlo ogni tanto anche se oggi servono cose diverse. Ecco perché non si deve avere nostalgia. Oggi servono investimenti diversi, serve uno sguardo diverso, forse oggi servirebbe un nuovo Adriano Olivetti, un uomo capace di interpretare il suo tempo oggi.

Olivetti. Uomini, progetti e prodotti. Racconti e aneddoti del fare olivettiano. A cura di Navone Maurizio edito da ADIper, 2025, pagg.99, euro 15,00

( 11 febbraio 2025 )

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