Osserva il segretario confederale della Cisl Romani: ”Il fermento parlamentare intorno alla direttiva europea sui salari minimi dignitosi sembra non voler tenere conto del percorso effettuato dal precedente Governo con le parti sociali, pronte a sostenere una norma che, coerentemente con la direttiva, contribuisse a valorizzare il ruolo della buona contrattazione incaricandola di stabilire i minimi settoriali”. Per Romani ”è paradossale che dopo mesi di proficuo lavoro anziché capitalizzarne gli esiti si ricominci da zero il dibattito da parte degli stessi protagonisti della convergenza già raggiunta. Per quanto ci riguarda le motivazioni che avevano portato tutti, sindacati e precedente Governo, ad annunciare anche pubblicamente la soluzione concordata non sono venute meno con il cambio della maggioranza. Pensiamo che i lavoratori abbiano bisogno di tutele che non siano variabili secondo lo spostamento delle maggioranze politiche e quando ci convinciamo di una soluzione non siamo disponibili a cambiarla strumentalmente ad altre motivazioni”. Quindi ”il primato dell'individuazione delle tutele economiche e non solo dei lavoratori deve rimanere in capo alla contrattazione, senza scorciatoie che offrano alle imprese alternative alle stessa. Ci pare che questa sia anche l'indicazione che viene dall'Europa dove la direttiva sui salari dignitosi nasce proprio dalla considerazione che essi fanno fatica ad affermarsi proprio nei paesi in cui le leggi sui salari minimi sostituiscono la contrattazione. Auspichiamo quindi che coloro che sono stati in prima persona artefici di un dialogo capace di realizzare soluzioni condivise siano coerenti e leali nel confermare quelle soluzioni nelle mozioni che sostengono in Parlamento, non arretrando il dialogo a posizioni da loro stessi nel tempo disconosciute pubblicamente”.
Lo scorso 14 settembre il Parlamento europeo ha approvato ad ampia maggioranza la direttiva Ue sul salario minimo, frutto di un lungo percorso durato oltre due anni e che ha visto protagonista il sindacato italiano ed europeo. La nuova legislazione chiede che il salario minimo nell’Ue garantisca condizioni di vita e di lavoro dignitose e che i Paesi Ue promuovano la contrattazione collettiva. La direttiva non definisce un salario minimo europeo e non fa scattare l'obbligo di introdurlo sempre che venga garantita comunque da una contrattazione collettiva che copra l'80% dei lavoratori. L’Italia - così come Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia - non è tenuta a introdurre un salario minimo legale perché la contrattazione collettiva settoriale copre circa il 90% dei lavoratori.
Sotto il governo Draghi l’allora ministro del Lavoro Orlando era arrivata una proposta che aveva ricevuto un’unanime disponibilità dei sindacati: l’individuazione di un trattamento economico complessivo minimo contrattuale. Dunque non un salario minimo per legge, ma una norma per individuare con certezza quali debbano essere i contratti nazionali, sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, dai quali trarre, settore per settore, il trattamento economico complessivo minimo da applicare a tutti i lavoratori del settore stesso.
Intanto con il deposito alla Camera del testo della manovra economica, dopo che è stata bollinata dalla Ragioneria di Stato e firmata dal Presidente della Repubblica Mattarella, si apre l’iter parlamentare per l'approvazione del documento di programmazione economica. I tempi sono serrati, la manovra va approvata in Parlamento entro fine anno per evitare l’esercizio provvisorio. Ci sono meno di cinque settimane a disposizione. Ecco allora che dalla maggioranza di centrodestra arriva un invito a limitare il numero degli emendamenti (il termine è il 7 dicembre) nel corso della discussione in Aula, che partirà dalla Camera. Le audizioni alle Commissioni bilancio congiunte di Camera e Senato inizieranno domattina con i sindacati; nel pomeriggio il ministro dell’Economia Giorgetti.
Il calendario provvisorio prevede che il testo potrebbe approdare nell'aula di Montecitorio il 19/20 dicembre per essere poi discusso e approvato nel corso della settimana che conduce a Natale. L'esame in Senato invece partirà presumibilmente il 27 dicembre.
In 174 articoli la manovra propone interventi per 35 miliardi di euro, di cui 21 sono destinati alla mitigazione dell'aumento delle spese per l'energia di imprese e famiglie nel tentativo di contenere gli effetti della corsa dell'inflazione. Un capitolo sul quale, specifica il Dpb inviato nei giorni scorsi a Bruxelles alle istituzioni Ue, a fine marzo si procederà con una verifica per studiare l'eventuale necessità di procedere con ulteriori interventi. Insomma, le risorse sono vincolate soprattutto al capitolo caro energia, frutto della situazione geopolitica internazionale con la guerra in Ucraina.
Il premier Meloni ha convocato per il 7 dicembre prossimo i leader di Cgil Cisl e Uil. Per il numero uno di Via Po Sbarra si tratta di ”un segnale importante e positivo. Occorre rafforzare il dialogo per migliorare la manovra”.
Da parte sua l’Istat fa sapere che nel terzo trimestre del 2022 l'economia italiana è cresciuta dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2021, con una crescita acquisita per l'intero 2022 pari al 3,9%. Una crescita che ha fatto perno sulla domanda interna, specie i consumi delle famiglie, e sul +0,9% dei servizi, in particolare turismo: commercio, trasporto, alloggio e ristorazione, contro il -0,6% dell'industria e il -2% delle costruzioni del 2%. L’inflazione a novembre segna un aumento dello 0,5% su base mensile, dell’11,8% su anno, ai livelli record del marzo 1984.
Giampiero Guadagni