Il premier vuole tradurre questo consenso nei fatti prima che fattori esterni possano indebolire l’azione dell’Esecutivo. D’altra parte la strada per la realizzazione di tutti gli obiettivi del Recovery plan è ancora lunga e tortuosa. Ma è una strada senza alternative. Sono otto le riforme approvate su ventisette e cinque gli investimenti realizzati su ventiquattro. E allora, con una informativa affidata in Consiglio dei ministri al sottosegretario Garofoli e al ministro dell’Economia Franco, il premier Draghi insiste con forza sulla necessità di ”mantenere la stessa ambizione e determinazione degli scorsi mesi”.
Il Pnrr vale 191,5 miliardi da qui al 2026, prevede 151 investimenti e 63 riforme: per ciascuno di essi sono già indicati rigidi tempi di realizzazione, che condizionano l’erogazione delle risorse. In ballo nel 2021 ci sono 13,8 miliardi. Garofoli e Franco hanno portato in Cdm il risultato del primo monitoraggio annunciando la convocazione nelle prossime settimane di più cabine di regia settoriali con i ministri competenti e di una cabina di regia anche con gli enti locali per verificare l'avanzamento dei target da qui al primo semestre 2022. La richiesta a ciascuna amministrazione coinvolta nel Pnrr è inoltre quella di inviare al più presto a Palazzo Chigi e Mef un piano dettagliato con indicazione delle norme e degli atti amministrativi necessari anche per utilizzare le risorse. Per aiutarli, si stanno valutando uno o più provvedimenti (decreti, probabilmente) in cui raccogliere tutte le norme necessarie a semplificare e accelerare. Per i casi più spinosi di stallo, poi, la cabina di regia presieduta da Draghi potrà valutare anche l'esercizio di poteri sostitutivi e nomina di commissari.
I cinque investimenti finora realizzati sono per lo più funzionali all'attuazione del Pnrr, uno è del ministero della Transizione ecologica (proroga del Superbonus), uno della Pa, uno dello Sviluppo economico, uno degli Esteri, uno della Giustizia (assunzioni nei tribunali). Mentre le riforme, spiega Garofoli, sono tutte in via di realizzazione ma per ora sono state completate solo dal ministero della Pa (tre su tre) e il ministero delle Infrastrutture, per fare un esempio, ne ha portate a casa due su cinque, il ministero della Giustizia sta completando le sue tre (processo civile, penale e insolvenza).
Per la parte che li riguarda, ed è una parte davvero consistente, gli attori sociali sono pronti a sostenere la ripresa ed il cambiamento. I sindacati non devono neppure rispondere all'invito a costruire un Patto per l'Italia rivolto dal presidente di Confindustria Bonomi e rilanciato dal premier Draghi. Sono stati i primi a chiederlo, lo hanno sollecitato nel tempo, hanno già messo sul tavolo che va ancora aperto tutte le loro priorità e le loto proposte di merito.
Dunque, Patto naturalmente sì, partendo dai contenuti. Perché la concertazione non è una parola astratta. È, come sottolinea il leader della Cisl Sbarra, ”la via necessaria per gestire nella responsabilità la fase di ripartenza del paese". Occorre insomma accompagnare con impegni precisi l'attuazione del piano di ripresa e resilienza ed affrontare il tema delle grandi riforme: fisco, ammortizzatori, politiche attive, formazione, pensioni, politiche industriali.
Perché al centro resta sempre il tema del lavoro. Come confermano anche gli ultimi dati Bankitalia - Ministero del Lavoro. Nel periodo che va dal primo gennaio alla fine di agosto sono stati creati oltre 830.000 posti di lavoro alle dipendenze, a fronte dei 327.000 del 2020 e dei 689.000 del 2019. L'occupazione a termine spinge la crescita mentre quella a tempo indeterminato ristagna. Il buon andamento complessivo della domanda di lavoro e la possibilità di ricorrere ai regimi di integrazione salariale senza costi mantengono i licenziamenti in luglio e agosto su livelli molto bassi, nonostante la rimozione dal primo luglio 2021 del blocco dei licenziamenti in alcuni settori, che impiegano circa quattro milioni di dipendenti. Con la ripresa della domanda di lavoro si attenuano anche i divari di genere. A livello locale, la crescita della domanda è eterogenea. In relazione al numero di addetti è andato meglio il Mezzogiorno premiato dalla stagione turistica estiva rispetto al Centro Nord, penalizzato dalle significative perdite del settore turistico in primavera, concentrate nelle città d’arte.
Giampiero Guadagni