Martedì 22 ottobre 2024, ore 11:34

Manovra 

Pensioni, il Governo studia rinvio volontario nella Pa 

Nei prossimi cinque anni, tra il 2024 e il 2028 nelle pubbliche amministrazioni serviranno 846 mila assunzioni per fare fronte alle uscite del personale che invecchia (circa 773 mila in uscita entro cinque anni) ma anche per coprire nuovi fabbisogni soprattutto nella sanità e nell'assistenza. Proprio per questo il Governo starebbe valutando un intervento ad hoc per mantenere i dipendenti al lavoro su base volontaria, rimandando il pensionamento dopo l'età di vecchiaia di 67 anni. Chi invece vuole andare in pensione all'età prevista dalla legge potrà continuare a farlo facendo domanda (senza che possa essere respinta), ma l'uscita non sarà più automatica come oggi. La norma potrebbe essere inserita dal governo nella legge di Bilancio oppure in un provvedimento a parte. Nel pubblico comunque con l'età di vecchiaia escono verso la pensione circa la metà di quelli che vanno in anticipata (prima dell'età di vecchiaia come con le Quote o con 42 anni e 10 mesi di contributi). Nel 2023 le pensioni di vecchiaia nel pubblico decorrenti nell'anno, infatti, sono state circa 28mila a fronte delle circa 57mila anticipate). La scelta di restare in servizio non è solo del singolo lavoratore ma anche dell'amministrazione.
Nel complesso serviranno 250.600 persone per l'istruzione e i servizi formativi pubblici, 233.900 per la sanità e l'assistenza sociale e 362.000 per i servizi generali e l'assicurazione generale obbligatoria. Il 76,3% (646.000) dovranno avere un'istruzione terziaria, il 4,8% (.41.100) un'istruzione liceale e il 18,8% (159.300) una formazione secondaria di tipo tecnico professionale.

Per il segretario confederale della Cisl Ganga l’ipotesi di superare il vincolo del limite di servizio per i dipendenti pubblici a 67 anni ”può essere interessante nella misura in cui venga lasciata al dipendente la libertà di scegliere”. Oggi per effetto dei tetti alla spesa delle pubbliche amministrazioni in vigore da molti anni, il dipendente pubblico che compie 67 anni oppure 65 anni con 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne, è obbligato a cessare dal lavoro. Requisiti diversi sono previsti per medici, magistrati, professori universitari, settore sicurezza. ”Un'iniziativa di questo tipo - aggiunge Ganga - potrebbe essere utile per non disperdere professionalità. In nessun caso deve essere introdotta una qualche forma di vincolo o di penalizzazione. Si tratta in ogni caso di una proposta che dovrebbe essere oggetto di un confronto con i sindacati nell'ambito di un tavolo che affronti le varie questioni della previdenza. La Cisl sollecita quindi il Governo a convocare al più presto un incontro in vista dell'imminente legge di bilancio”. Allo stesso tempo ”non dovranno essere rallentati i processi di integrazione di nuove risorse della pubblica amministrazione”. Per la Cisl, conclude Ganga, ”rimangono ferme le proposte della piattaforma sindacale più volte sollecitate in materia di flessibilità in uscita, pensione di garanzia per i giovani, previdenza delle donne e lavoro di cura, misure volte alla tutela dei lavoratori esposti a professioni gravose, previdenza complementare e rivalutazione delle pensioni in essere”.

Critica la Cgil, perché l’ipotesi avanzata dal Governo riguarderebbe poche persone e solo quelle con qualifiche più alte. Per la Uil la proposta è la dimostrazione del fallimento delle politiche del personale della Pa adottate negli ultimi anni. Il capitolo previdenza sarà comunque uno dei spinosi della prossima manovra economica.

Dal Mef la linea è quella della cautela: la rivalutazione sarà piena per gli assegni minimi: solo parziale, se non sarà sterilizzata, per quelli più alti. Intanto si prospettano tempi un po’ più lunghi per l'impostazione e l'invio a Bruxelles del Piano strutturale di bilancio richiesto dalle nuove regole Ue. Il ministro dell'Economia Giorgetti lo presenterà in Cdm dopo metà mese e il Parlamento impiegherà almeno dieci giorni per l'esame, le audizioni e dare il suo parere. Difficilmente il Piano arriverà entro il 20 settembre, anche se la Commissione Ue non considera la scadenza ultimativa. Il primo appuntamento con il nuovo Piano da consegnare all'Ue sarà, per i tempi, all'insegna della flessibilità, anche perché conterrà impegni per i prossimi sette anni, che poi potranno essere modificati solo in casi eccezionali. Alcuni Paesi presenteranno i Piani solo a metà ottobre, insieme ai documenti di bilancio, e altri quelli vicini alle elezioni come la Germania o che non hanno al momento un governo come Francia e Belgio - potranno non presentarlo. Aspettare qualche giorno in più consentirà al Mef di tener conto anche dei nuovi dati sui conti nazionali che l'Istat diffonderà il 23 settembre e che potrebbero cambiare il quadro. A cominciare dal Pil 2023 che sarebbe rivisto al rialzo. L'Italia quest'anno punta a raggiungere l'obiettivo del Pil all'1%, come indicato nel Def. Quanto ai contenuti, da Cernobbio la premier Meloni ha smentito il taglio dell'Assegno Unico e ha preannunciato l'addio alla stagione dei bonus. Necessario focalizzarsi dunque sulle priorità, quelle che, dice Meloni, ”danno il moltiplicatore migliore”. In questo senso ”le imprese che assumono, i salari, la difesa del potere d'acquisto delle famiglie la salute dei cittadini e la natalità”. Possibile tradurre queste priorità nella prossima manovra da 25 miliardi. Ecco allora il rinnovo del taglio del cuneo del quale beneficiano i redditi bassi; la riproposizione degli sconti Irpef con l'idea di allargarli alla riduzione dell'aliquota intermedia fino a 60mila euro di redditi; la rimodulazione dell'Assegno Unico, che cambierà nome, e l'estensione del bonus mamme anche alle professioniste; le maggiori risorse per la sanità e il rinnovo dei contratti pubblici.

L’opposizione va all’attacco, unità su alcuni temi ma divisa su altri, a partire dalla politica estera. Sempre da Cernobbio la segretaria del Pd Schlein ha elencato le cinque priorità su cui costruire una piattaforma comune contro il Governo: sanità pubblica, diritto allo studio, statali, congedo paritario, politiche industriali. Poi l’affondo su Industria 5.0, misura per la trasformazione digitale ed energetica delle imprese ”arrivata in ritardo”.

Giampiero Guadagni

( 9 settembre 2024 )

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