Giovedì 21 novembre 2024, ore 20:40

Def 

Manovra tutta da scrivere 

Una fotografia parziale dei conti pubblici che rimanda a dopo l’estate gli obiettivi programmatici, cioè quelli che indicano la direzione della prossima legge di bilancio. Il Def ”asciutto” approvato dal Consiglio dei ministri contiene quest'anno solo le previsioni tendenziali, cioè a legislazione vigente, e non il quadro programmatico. Un modello che, fanno sapere dall'Ue, anche altri Paesi europei stanno valutando.
Il documento di economia e finanza sarà all’esame dell’aula della Camera il 24 aprile. La maggioranza difende il documento, le opposizioni avvertono che a pagare saranno i cittadini. Le previsioni sono pressoché in linea con la Nadef di fine settembre. Il Pil viene rivisto al ribasso (+1% quest'anno e +1,2% il prossimo), ma comunque ad un livello più alto delle stime di altri istituti che ora viaggiano su una forchetta di +0,6/+0,8%. Il deficit resta quest’anno al 4,3%, per poi passare al 3,7% nel 2025 e al 3% nel 2026. Inverte invece la rotta, rispetto al sentiero di discesa previsto in autunno, il debito: di qui al 2027 resterà sotto il 140%, ma salendo progressivamente dal 137,8% di quest'anno fino al 139,8% del 2026 (il calo è rimandato al 2027). Se le stime al ribasso sulla crescita sono il riflesso di un quadro internazionale e geopolitico complicato, l'andamento del debito è ”pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del superbonus nei prossimi anni”, spiega Giorgetti. Che comunque conferma la resilienza della nostra economia, con l'occupazione che continua ad andare bene e un'inflazione così bassa da giustificare un allentamento dei tassi della Bce. Giorgetti attendeva gli ultimi dati sul superbonus per chiudere il Def. Arrivati sulla sua scrivania dall'Agenzia delle Entrate, aggiornano a 219 miliardi il conto dei crediti relativi ai bonus edilizi. Per Bruxelles, però, ”non è il caso di fare grandi drammi, ora è il momento di lavorare per mettere i conti in ordine”. E per far quadrare i conti, al Tesoro si sta già pensando a nuovi risparmi di spesa. La dimensione e le scelte saranno più chiare solo nei prossimi mesi. Dopo cioè che Bruxelles avrà dato le istruzioni sulla nuova governance Ue. Gli obiettivi a quel punto andranno a comporre il Programma fiscale strutturale, il nuovo Def, da inviare a Bruxelles entro il 20 settembre.
La prossima manovra è dunque ancora tutta da scrivere. Le cifre approvate scontano il peso del Superbonus, che compromette gran parte delle possibilità di movimento, e non comprendono alcuno stanziamento per il 2025 e gli anni successivi. Non è la prima volta, come puntualizzato dal ministro dell'Economia Giorgetti. Per l’esattezza è la quinta. Prima di oggi è stato già presentato in versione light in situazioni più o meno straordinarie dai governi Monti, Gentiloni, Conte (durante l'emergenza Covid) e Draghi prima del passaggio di consegne a Meloni. Niente di eclatante dunque e nessun danno alla credibilità dell'Italia, visto che tutto è stato concordato con l'Ue. C’è comunque un punto fermo: la conferma del taglio del cuneo fiscale. La misura simbolo della scorsa manovra costa 10 miliardi e su quell'impegno il governo non è disposto a venire meno. Ma la lista delle altre misure da rifinanziare, se si volesse anche solo replicare quelle di quest'anno è lunga e arriva a 20 miliardi. Al cuneo va aggiunta infatti anche la rimodulazione dell'Irpef: il passaggio da 4 a 3 aliquote vale 4 miliardi. Per il credito di imposta a favore delle imprese della Zes unica del Mezzogiorno servono 1,8 miliardi. Per la riproposizione del taglio del canone Rai 430 milioni, per la decontribuzione a favore delle mamme con due figli circa 500 milioni, per i fringe benefit, il taglio dell'aliquota sui premi di produttività e il welfare aziendale circa 830 milioni, altri 100 milioni per rinnovare la nuova Sabatini. Bisognerà anche capire il destino di plastic e sugar tax, al momento scongiurate fino a luglio ma che annualmente valgono 650 milioni. Per le spese indifferibili si parla inoltre ogni anno di circa 1,5-2 miliardi. Ma poi ci sono i maxi-capitoli sanità e contratti pubblici. La manovra di quest'anno ha stanziato 8 miliardi per la pubblica amministrazione, ma per il rinnovo del triennio in corso. Dal 2025 in teoria si riparte da zero. Anche sulla sanità gli stanziamenti ci sono stati in termini assoluti, ma il mondo della scienza e della medicina lamenta un drammatico arretramento delle prestazioni pubbliche per mancanza di fondi.
La crescita dell’1% nel 2024 prevista nel Def è un obiettivo che non appare fuori portata. Così la Cisl commenta il dato principale del Documento varato dal Cdm. Un Def che il segretario generale Sbarra giudica ”molto sommario, con scelte rinviate a quando ci sarà un quadro più dettagliato”. Aggiunge Sbarra: ”L'andamento del Pil è ancora ampiamente insufficiente a innescare un lungo e stabile ciclo positivo. Bisogna rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale che per la nostra organizzazione è uno strumento essenziale per la difesa delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti”. Il taglio dell'Irpef per i lavoratori dipendenti e i pensionati ”deve essere un altro obiettivo del Governo per il 2025, attivando un serio confronto sulla riforma fiscale con le parti sociali”.
Per la Cgil il Def è ”una scatola chiusa” e ”tra una tantum da confermare, nuovo patto di stabilità e una crescita che sarà significativamente inferiore rispetto a quella preventivata, la prossima manovra di bilancio parte, a essere ottimisti, da meno 25 miliardi”. Servono ”garanzie sul taglio del cuneo fiscale. C’è una situazione di grave incertezza per 17 milioni di lavoratori, che nel 2025 potrebbero perdere 100 euro al mese”.
Anche per la Uil il Def ”appare come un contenitore senza contenuti né prospettive di crescita per il Paese. Soltanto per rifinanziare il taglio del cuneo e la riforma dell'Irpef saranno necessari 15 miliardi, senza contare la decontribuzione mamme, la detassazione dei premi di produttività, la flessibilità in uscita delle pensioni”.
Giampiero Guadagni

( 10 aprile 2024 )

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