La maggioranza lavora a possibili piccoli ritocchi durante il passaggio in Parlamento, ma la linea rimane quella dettata dal Mef: nessuno spazio per provvedimenti che non abbiano prima trovato copertura. I punti fermi del Ddl bilancio da circa 30 miliardi lordi restano il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 40 mila euro, la riduzione a 3 aliquote Irpef, le politiche contro l'inverno demografico.
Intanto, proprio mentre Volkswagen ipotizza la chiusura di 3 stabilimenti in Germania con il potenziale taglio di migliaia di posti e degli stipendi, spunta inatteso nella legge di bilancio un taglio drastico di 4,6 miliardi di euro al Fondo Automotive, varato nel 2022 dal governo Draghi a sostegno degli incentivi alla domanda e per la riconversione della filiera. Una riduzione enorme visto che i 5,8 miliardi ancora disponibili degli 8,7 stanziati fino al 2030 si ridurrebbero a 1,2 miliardi, quindi appena 200 milioni all'anno. ”Siamo impegnati a garantire che la filiera dell'automotive abbia gli strumenti necessari per affrontare la sfida della transizione”, assicura il ministro Urso che spiega: ”Tutte le risorse andranno sul fronte degli investimenti produttivi con particolare attenzione alla componentistica che è la vera forza del Made in Italy". Fim, Fiom e Uilm esprimono ”profonda preoccupazione e ferma contrarietà” per un taglio ”pari all'80% delle risorse previste”. Sottolineano i segretari generali Uliano, De Palma e Palombella: ”Si ignorano un intero settore e le richieste di oltre 20.000 lavoratori che il 18 ottobre hanno partecipato allo sciopero nazionale e alla manifestazione di Roma. Questa mobilitazione, anziché trovare ascolto, è stata seguita da un provvedimento che va nella direzione opposta”. Aggiungono Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil: ”Oggi più che mai c'è necessità di mantenere ed incrementare il Fondo per garantire la continuità produttiva ed occupazionale all'interno delle grandi trasformazioni e transizioni che stanno attraversando il settore e la manifattura nel suo complesso. Questo è uno dei settori di eccellenza del nostro Paese e sono fortemente compromessi, già oggi, il futuro di 45mila lavoratrici e lavoratori della componentistica non metalmeccanica e delle loro famiglie. E' necessario sostenere con investimenti pubblici e privati questo settore, a partire da ulteriori ammortizzatori sociali e da strumenti di politica attiva del lavoro per sostenere la transizione anche da un punto di vista sociale, oltre che in termini di ricerca, innovazione, tecnologia”. E il leader Cisl Sbarra sottolinea: ”Il fondo per l'automotive serve ed è necessario. Noi lavoreremo per farlo ripristinare”. Sul fronte Stellantis ”il Ggoverno non può assolutamente pensare di riconoscere incentivi se non a valle di una presentazione di una chiara strategia industriale e produttiva”.
Sul tavolo del confronto complessivo ci sono anche i dati Istat sulle retribuzioni contrattuali. Nel terzo trimestre 2024, per il totale economia, la crescita è risultata superiore a quella dei prezzi al consumo di poco più di due punti percentuali, proseguendo il graduale recupero del potere d'acquisto. Alla fine di settembre, i 46 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 47,5% dei dipendenti - circa 6,2 milioni - e corrispondono al 45,8% del monte retributivo complessivo. I contratti in attesa di rinnovo ammontano a 29 e coinvolgono circa 6,9 milioni di dipendenti (il 52,5% del totale). Il tempo medio di attesa di rinnovo a settembre 2024 è pari a 18,3 mesi (era 32,2 a settembre 2023) per i lavoratori con contratto scaduto e a 9,6 mesi per il totale dei dipendenti (era 17,0 a settembre 2023). La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-settembre 2024 è cresciuta del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. L’aumento tendenziale è stato del 4,6% per i dipendenti dell'industria, del 4,1% per quelli dei servizi privati e dell'1,6% per i lavoratori della pubblica amministrazione.
A proposito di Pa: negli ultimi anni le retribuzioni degli statali hanno registrato ”significativi aumenti”, soprattutto per le funzioni centrali. Lo rileva il rapporto semestrale dell’Aran. Ma la trattativa per il rinnovo contrattuale non è facile. Il negoziato è slittato al 6 novembre. L'Aran propone aumenti del 5,78% a fronte di un'inflazione che nel periodo si è aggirata sul 15%. Per la Fp Cisl è vero che l'inflazione in questi anni è stata significativa; ma anche che questo sarebbe l'aumento percentuale più alto delle ultime tornate, anche di quello del 2016-18, arrivato dopo 8 anni di blocco della contrattazione (3,48%). Un ”passo avanti” dunque sia sul fronte del salario sia della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Giampiero Guadagni