La novità principale è la conferma di portare l'Irpef da quattro a tre scaglioni di reddito, con relativa riduzione delle corrispondenti aliquote. Già il governo Draghi, lo scorso anno, aveva ridotto scaglioni e aliquote da cinque a quattro nel tentativo di rendere più equa la principale imposta dello Stato che garantisce al sistema quasi la metà delle sue entrate, e che grava quasi esclusivamente sui lavoratori dipendenti. Il governo Meloni passa ora da quattro a tre aliquote secondo una visione di riforma che il centrodestra immagina da tempo. L'obiettivo è quello di ridurre l'imposizione fiscale generale, ma senza compromettere l'equilibrio dei conti. "Avvieremo un processo di riduzione del carico fiscale" ha assicurato il titolare del dicastero dell'Economia Giorgetti, aggiungendo però che la riduzione sarà un "processo graduale". E il ministro avverte: l’economia italiana sembra aver scongiurato il rischio di entrare in recessione, ma il rialzo dei tassi costituisce un forte pericolo per il nostro bilancio altamente indebitato.
In questi mesi, il gruppo di studio sulla riforma, creato al Mef da Leo, ha elaborato diversi schemi di tenuta di un sistema a tre aliquote. "Penso che ci siano le condizioni per arrivare a un sistema a 3 aliquote, ci stiamo lavorando con la Ragioneria" ha detto il viceministro. Per recuperare il mancato gettito si ricorrerà a una revisione, riduzione, delle agevolazioni fiscali, detrazioni e deduzioni, che ormai ammontano a oltre 600 e che, ha rilevato Leo, "cubano circa 156 miliardi" di mancate entrate. "Là si può intervenire. Se si fa una revisione attenta si possono trovare le risorse per calibrare meglio le aliquote". Il precedente governo per ridurre le aliquote Irpef ha messo in bilancio una copertura di 7 miliardi di euro per i mancati incassi. Ora il governo Meloni tenta di andare oltre, ma agire sull'Irpef è impresa delicata se non altro perché si opera sul primo pilastro del sistema fiscale (l'altro è l'Iva). Secondo il Preconsuntivo del bilancio dello Stato diffuso oggi dal Mef, nel 2022 l'Irpef ha portato alle casse dell'erario 205,8 miliardi di euro. Di questi 81 circa provengono dai dipendenti del settore pubblico e 85,6 dai dipendenti del settore privato. Per avere un'idea delle proporzioni, le entrate tributarie complessive nel 2022 sono state 544,5 miliardi. L'Iva, pagata dai consumatori finali, ne vale 171,6 miliardi. ”Il fisco può essere una leva per accelerare la ripresa”, sostiene il viceministro Leo. Il pacchetto che sarà presentato in Cdm ”dovrà riordinare tutto il sistema tributario. Non solo Irpef quindi ma anche intervenire sull'Ires, l'Iva e altri tributi minori, alcuni dei quali si possono anche eliminare”, rendendo più coerente l'ordinamento italiano con le regole dell'Unione europea e internazionali. Nella nuova riforma confidano i proprietari di negozi e locali commerciali, che da tempo chiedono di una cedolare secca (cioè un'Irpef ad aliquota agevolata) anche su questi immobili. Ma anche le famiglie delle Acli che vorrebbero poter detrarre dall'imposta il costo dei loro ”dipendenti”, badanti, baby sitter, assistenti domestici, equiparandone la spesa a quelle sanitarie. Ma la soluzione potrebbe anche essere di equiparare le famiglie alle imprese, prevedendo la deduzione del costo del dipendente dal reddito complessivo della famiglia. Se i tempi saranno rispettati il disegno di legge di riforma del Fisco dovrebbe approdare in Parlamento fra fine marzo e i primi di aprile.
Giampiero Guadagni