Nonostante l’impulso dell’export, Bankitalia resta prudente sulla crescita dell'economia italiana: 0,6% è la stima per il 2024, Numeri meno generosi dell'1% indicato dal Def per il 2024. Per Via Nazionale, se il 2024 si ferma a poco più di mezzo punto percentuale di crescita, le previsioni per il 2025 e 2026 sono da limare rispettivamente allo 0,9% (da 1% indicato in aprile) e 1,1% (da 1,2%). Una maggior prudenza motivata dalle ”ipotesi, desunte dai mercati, di tassi di interesse lievemente più elevati”. Messaggio in codice con cui si accenna al fatto che la Bce, pur avendo appena tagliato i tassi, ha smorzato gli entusiasmi per una svolta duratura. A dettare la cautela della Bce, la stessa manifestata dalla Fed, è lo scenario d'inflazione peggiore del previsto. Anche secondo il Centro Studi di Confindustria ”l’avvio del taglio dei tassi migliora lo scenario, ma l'inflazione resta alta in Europa e i tassi scenderanno meno dell'atteso”.
Sempre Bankitalia fa sapere che ad aprile il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 11,5 miliardi rispetto al mese precedente a 2.905,7 miliardi. Mentre le entrate ad aprile salgono a 40,6 miliardi, in aumento del 5% rispetto al corrispondente mese del 2023. Nei primi quattro mesi del 2024 le entrate sono state pari a 163,5 miliardi, in aumento del 7,1% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente.
Intanto il mercato del lavoro continua a viaggiare con il segno positivo, trainato ancora dall'aumento dei dipendenti stabili e dal recupero degli autonomi, a fronte del calo degli occupati a termine e dei disoccupati. Un mercato, dunque, che si conferma in ripresa: quasi 400mila occupati in più nel primo trimestre dell'anno, rispetto ad un anno prima. Una crescita che riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (+478mila, +3,1%) e poi gli indipendenti (+48 mila, +1,0%), mentre quelli a termine diminuiscono (-132mila, -4,6%). Dinamica positiva anche rispetto al trimestre precedente. Il tasso di occupazione raggiunge il 62,0%, il tasso di disoccupazione scende al 7,2% e quello di inattività sale al 33,1%.
Per la Cisl è ora di ”dire basta all’enfasi sulla precarietà”. Osserva il segretario confederale Pirulli: ”Restiamo agli ultimi posti in Europa per occupazione giovanile e femminile: infatti, nonostante i miglioramenti di questi anni riguardino in buona parte anche queste categorie, resta il problema della loro elevata inattività, in paradossale contraddizione con la carenza di personale ad ogni livello, che le aziende private e la Pa denunciano oramai da anni”. Secondo Pirulli ”la precarietà è in riduzione e purtroppo concentrata tra i giovani con bassa o inadeguata qualificazione che li porta a restare intrappolati in contratti brevi e reiterati. Non si contrasta cambiando le leggi sul lavoro bensì insistendo su orientamento scolastico e universitario, sulle politiche attive, sulla formazione continua, sugli incentivi alla contrattazione aziendale perché introduca misure di conciliazione vita-lavoro, su una politica industriale che incentivi la ricerca e l'innovazione. Non dobbiamo perdere altro tempo e stare sulle reali emergenze”.
Giampiero Guadagni