A dare fiducia è anche il fatto che i più recenti indicatori ”segnalano che nei primi mesi del 2023 l'economia del Paese ha ripreso a crescere”. Di qui la scelta di fissare l’asticella del Pil per quest'anno al +1%, alzando di 4 decimali la previsione dello 0,6% fatta a novembre nella Nadef. La cautela è invece evidente nelle stime per gli anni successivi: la crescita per il 2024 viene rivista al ribasso al +1,5% (dal +1,9% della Nadef), mentre per gli anni successivi non si attende alcuna spinta sul Pil, con le stime tendenziale e programmatica allineate all'1,3 e all'1,1%. Con l’obiettivo di garantire la sostenibilità dei conti pubblici, il Def prevede poi una graduale riduzione del deficit e del debito (che dal 144,4% di quest'anno scenderà progressivamente fino al 140,4% nel 2026). Il Mef tiene a precisare che gli effetti di riduzione del debito sarebbero stati più marcati se il superbonus del 110% non avesse avuto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che si sono finora registrati. Previsto un andamento discendente anche per la pressione fiscale, che dovrebbe passare dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026.
”Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro - afferma Giorgetti - tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi”. E va proprio nella direzione di dare un segnale ai lavoratori la decisione di destinare le risorse aggiuntive ricavate dal deficit a tagliare il cuneo fiscale: la stima del deficit per quest'anno al 4,5% programmatico, a fronte di un 4,35% tendenziale, libera infatti oltre 3 miliardi che il governo userà, con un provvedimento di prossima attuazione, per tagliare i contributi sociali a carico dei dipendenti con redditi medio-bassi. Il Def traccia una linea anche sul tema caldo del Pnrr, su cui resta l'incognita di una spinta che rischia di essere ormai già esaurita sul Pil. ”Per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr”, evidenzia il Tesoro che pur rassicurando sul lavoro in corso per ottenere la terza rata da 19 miliardi, apre a nuovi scenari: bisogna investire anche per ”rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso” di quello del Piano, indica il Tesoro, per evitare nuove fiammate inflazionistiche.
Il Governo ”ha tracciato una linea di stabilità, credibilità e crescita”. Così la premier Meloni ha definito le stime del Def approvato in Cdm, ”le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa”. Carte giuste secondo la maggioranza. Carte inadeguate secondo le opposizioni. Per il presidente dei senatori Pd Boccia le cifre del Def ”danno il senso della totale assenza di ambizioni di politica industriale e di orizzonti economici non legati all'impatto del Pnrr”. Sempre dal Pd il senatore ed economista Cottarelli ritiene del tutto insufficiente il ”tesoretto” di 3 miliardi per tagliare il cuneo fiscale. Durissimo il giudizio di M5S e Avs.
Critiche articolate dai sindacati. Afferma il leader della Cisl Sbarra: ”Si profila un impianto non sufficiente a garantire una svolta sui principali dossier: dal lavoro alla sanità, dalla coesione allo sviluppo”. Sul fronte fiscale c’è ”una buona notizia fortemente rivendicata dalla Cisl: la volontà del Governo di mettere 3 miliardi aggiuntivi, in corso d'anno, sul taglio del cuneo. Una scelta importante e positiva a condizione che le risorse siano concentrate tutte sul lavoro per ridurre le tasse ai redditi medio-bassi”. Ma il Def è troppo difensivo, ”così si rischia di non agganciare la sfida della ripartenza”. E allora ”dobbiamo riallacciare il confronto con il sindacato e rafforzare un dialogo sociale che in questi mesi si è andato indebolendo. Per questo ci mobiliteremo nelle prossime settimane in modo intransigente, costruttivo e responsabile avanzando proposte concrete su fisco, previdenza, lavoro, aumento retribuzioni e pensioni, sanità, risorse per la non autosufficienza, rinnovo contratti pubblici e privati, politiche industriali e Mezzogiorno. Il Governo ascolti la voce del mondo del lavoro”.
Anche per il segretario generale della Uil Bombardieri ”al momento restano confermate tutte le ragioni della nostra mobilitazione”. Il Governo ”dovrebbe intervenire per detassare gli aumenti contrattuali sia di primo sia di secondo livello. Inoltre, non dovrebbero essere più dati contributi a quelle aziende che non rinnovano i contratti, che non rispettano le norme sulla sicurezza, che delocalizzano e non pagano le tasse in Italia. Nel Def, poi, non ci sono risorse per la riforma fiscale, nessuna risposta su pensioni e welfare”.
Da parte sua la vicesegretaria generale della Cgil Fracassi afferma che ”per arrivare all’obiettivo dei 5 punti di riduzione del cuneo fiscale, tre miliardi non bastano, durano solo qualche mese. Vanno trovate le risorse per rendere strutturale il taglio che è stato fatto prima da Draghi e poi da Meloni”.
Giampiero Guadagni