Il Def rivede al ribasso le stime sull’impatto macroeconomico del Pnrr: il Pil nel 2026 salirà grazie alle riforme di 3,2 punti percentuali, invece dei 3,6 stimati quando venne presentato il piano ad aprile dello scorso anno. Un calo di 0,4 punti dovuto a posticipi di spesa e ad una ”meno rapida dinamica del cronoprogramma di spesa”. Dunque è necessario “rafforzare l'impegno per l'attuazione efficace del Pnrr”.
Sottolinea ancora il titolare del Mef: ”I rincari della bolletta energetica per famiglie e imprese, con le misure già adottate dal Governo (5,3 miliardi nel 2021 e 14,7 miliardi per il primo semestre 2022), nelle stime del Def verrebbero ridotti nel primo semestre di almeno un quarto rispetto a uno scenario senza gli interventi del Governo”.
Nella relazione al Parlamento con cui chiede l'autorizzazione a rivedere l'obiettivo di medio termine il Governo scrive che ”con un provvedimento di prossima adozione ci saranno misure per coprire i precedenti interventi, per contenere l'aumento dei prezzi dell'energia e dei carburanti, anche in favore degli Enti territoriali, assicurare la liquidità alle imprese, rafforzare l'accoglienza dei profughi ucraini, adeguare i fondi per gli investimenti pubblici ai costi dell'energia e delle materie prime, continuare a sostenere la risposta del sistema sanitario e i settori maggiormente colpiti dalle attuali emergenze”.
Osserva il ministro dell’Economia: ”Il Governo deve mantenere l’attenzione sulle riforme strutturali, con particolare riguardo all’assetto del sistema pensionistico per il quale, nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, della sostenibilità del debito e dell'impianto contributivo del sistema, occorrerà trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita ed un rafforzamento della previdenza complementare. Occorrerà, altresì, approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni”.
Sostanzialmente in linea le valutazioni di Bankitalia, che nel primo trimestre 2022 valuta, sulla base degli indicatori disponibili, una riduzione del Pil di poco più di mezzo punto percentuale sul periodo precedente. Il direttore generale di Via Nazionale Signorini, intervenuto al congresso Acri, spiega che ”in Italia il prodotto stava già decelerando nell'ultimo trimestre dell'anno scorso; l'avevano frenato il ristagno dei consumi delle famiglie e il contributo negativo della domanda estera netta”. Bankitalia osserva che il potere d'acquisto delle famiglie comincia a essere intaccato dalla crescita elevata dei prezzi al consumo di energia e alimentari. E di fronte alla crescita dell’inflazione Signorini suggerisce di ”concentrare le risorse pubbliche disponibili, più che sui prezzi in sé, sull'obiettivo di sostenere, in un'ottica di emergenza, il reddito delle famiglie e delle imprese più colpite, mitigando le conseguenze sociali dello shock".
Rimarca da parte sua il segretario confederale della Cisl Romani: ”Sbaglia il Governo a dare per scontato che i rinnovi contrattuali debbano essere fatti decurtando dall’Ipca l’intero effetto degli aumenti dei prezzi delle materie energetiche”. L’affermazione contenuta nel quadro tendenziale del Def ”stride profondamente con le pubbliche affermazioni dello stesso Governo circa l’esistenza di una speculazione responsabile della clamorosa alterazione dei prezzi di gas, energia elettrica e carburanti. Il Def, in sostanza, afferma che i lavoratori dipendenti dovranno farsi carico di queste speculazioni, rinunciando a chiedere nei contratti aumenti salariali che coprano l’inflazione da esse generata”. Appare ”paradossale anche la previsione di un successivo recupero economico, quando i prezzi caleranno, che evidentemente dà per scontata la fine, tra un tempo non definito, della speculazione in corso e contemporaneamente esclude che i prezzi possano subire ulteriori aumenti, stavolta dovuti da autentici maggiori costi di importazione, magari legati a razionamenti, a cambio di forniture o a sostituzione di prodotti con altri più costosi, come per esempio gas metano con gas liquido”. I patti per la contrattazione in realtà stabiliscono lo storno dall’indice dei prezzi al consumo degli effetti inflativi derivanti da energetici importati, ma un conto è non conteggiare ciò che deriva da maggiori costi nell’importazione altro è assimilare a questi i costi della speculazione successiva all’importazione stessa”. Conclude Romani: ”Questa osservazione è già stata fatta da parte nostra durante l’incontro a Palazzo Chigi. Pensiamo sia urgente affrontare il tema in un tavolo tecnico che stabilisca come gestire questa fase di straordinaria emergenza, evitando di trasferire il conflitto interpretativo all’interno dei tavoli dei rinnovi contrattuali che, invece, devono essere accelerati”.
Giampiero Guadagni