La direzione è giusta. Ma, come peraltro viene previsto, occorre modulare le misure sui bisogni e le caratteristiche economiche di ogni Stato membro. Così i sindacati valutano la direttiva Ue sul salario minimo. D’altra parte Cgil Cisl e Uil hanno lavorato insieme e accanto al sindacato europeo per ottenere flessibilità: l'obbligo di stabilire soglie minime di retribuzione individuate dalla legge si riferisce ai Paesi con copertura contrattuale inferiore all'80%; in Italia la copertura contrattuale è oltre il 90%. Sottolinea il leader della Cisl Sbarra: ”La direttiva indica in queste situazioni la necessità di rafforzare ed estendere la contrattazione. Il tema del salario minimo in Italia va collegato ai contratti maggiormente applicati nei settori di riferimento. Noi pensiamo sia sbagliato definire per legge una cifra perché come sappiamo la retribuzione complessiva del lavoratore non è fatta solo di compenso orario minimo ma si aggiungono altri istituti contrattuali: tredicesima, quattordicesima in alcuni casi, trattamento di fine rapporto, maggiorazioni, previdenza complementare, sanità integrativa. Sono istituti che solo il contratto riesce a garantire, non la legge”. La questione salariale in questo momento di fortissima ripresa dell'inflazione va oltre. Osserva Sbarra: ”Bisogna innanzitutto aggiornare l'Ipca che non tiene conto degli aumenti del costo dell'energia. Tagliare il cuneo fiscale, detassare i premi di risultato. E poi vanno rinnovati tutti i contratti scaduti, privati e pubblici. Il Governo deve aprire subito un tavolo di confronto con le parti sociali per parlare di delega fiscale, Pnrr, pensioni, sicurezza nei luoghi di lavoro. Solo con una forte accelerazione degli investimenti e un aumento della produttività si può fare insieme una seria politica dei redditi”.
Sulla stessa linea il numero uno della Uil Bpmbardieri, che definisce l’intesa ”un fatto molto positivo perché definisce uno strumento ulteriore di contrasto al lavoro nero o sottopagato. La direttiva indica che ciò può avvenire anche attraverso la promozione e il rafforzamento della contrattazione collettiva”.
La pensa così anche Francesca Re David, segretaria nazionale Cgil con delega sulla contrattazione, che da parte sua aggiunge: ”Poiché in Italia la contrattazione è molto estesa, riteniamo positiva la proposta del ministro del Lavoro Orlando di prendere a riferimento il Tec, cioè il trattamento economico complessivo, definito dai contratti nazionali firmati dalle organizzazioni più rappresentative; e di estenderlo a tutti i lavoratori del settore”.
Lo stesso Orlando rivendica come ”l’Italia si è battuta per questo importante risultato, un passo importante per concretizzare l'Europa sociale e del lavoro”.
Sul fronte politico, dal Pd la presidente della Commissione lavoro della Camera Mura afferma che ”dall’Europa ci viene offerto lo scudo che serve contro il lavoro povero che nel nostro Paese tiene in ostaggio milioni di lavoratori, giovani e donne in particolare”. Per il capo politico del M5S Conte non ci sono alternative: l’Italia deve adeguarsi alla direttiva. Argomenta la sottosegretaria all’Economia Guerra (Leu): ”In Italia abbiamo una contrattazione collettiva molto forte, per questo non abbiamo mai pensato ad un salario minimo. Tuttavia, nella situazione attuale, abbiamo bisogno di essere sicuri che questa contrattazione protegga tutti e al meglio”. Sostiene il presidente dei senatori di Iv Faraone: ”Il tema del salario minimo è sacrosanto, preoccupante è il sussidio legato al non lavoro. Bisogna trasferire risorse dai sussidi al taglio del cuneo fiscale”.
Dal centrodestra il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti afferma che ”il salario minimo in alcuni settori probabilmente serve, in tanti altri credo invece che l'attuale contrattazione garantisca già oggi stupendi superiori a quelli del salario minimo. Noi abbiamo una contrattazione molto avanzata, anche di secondo livello: questo strumento non deve dunque penalizzare forme che abbiamo sperimentato con successo”.
Per Forza Italia ”il salario minimo per legge lascerebbe scoperti i più fragili, i lavoratori poveri, perché si applica solo al lavoro dipendente. E fissare un salario orario a 7 o a 9 euro significherebbe stabilire una soglia inferiore a quella di molti contratti collettivi”.
Sulla vicenda interviene il Cnel. Per il presidente Treu ”l’accordo europeo è una buona notizia. Ora la strada migliore è dare forza ai contratti conclusi dalle parti maggiormente rappresentative, affinché si applichino a tutti”.
Giampiero Guadagni