Un nuovo campanello d’allarme per il Governo, sullo stato di salute della nostra economia, arriva dalle imprese delle costruzioni pronte a mobilitarsi per sbloccare le opere pubbliche. Nel 2018, secondo i dati dell’Osservatorio Ance sull’industria delle costruzioni, gli investimenti in opere pubbliche sono diminuiti del 3,2% rispetto al 2017 a fronte di un intero settore delle costruzioni che ha chiuso con un rimbalzo dell’1,5% rispetto a quello precedente (grazie ai lavori di manutenzione straordinaria). E per il 2019 è prevista una crescita degli investimenti in costruzioni dell’1,1%, ”con una perdita di 1,3 miliardi rispetto allo scenario di partenza” (che segnava un +2%). La mobilitazione degli imprenditori edili dovrebbe partire dopo lo sciopero generale indetto dai sindacati dell’edilizia per il prossimo 15 marzo proprio per rilanciare le grandi opere e dovrebbe essere caratterizzata dal posizionamento degli striscioni tipici dei lavori in corso sulle opere pubbliche bloccate. E anche se i toni dell’annuncio possono apparire un tantino sopra le righe: ”Abbiamo in programma una sorta di ’guerriglia urbana civile’ - avverte il presidente dell’Ance Gabriele Buia - perchè è ora di dire basta al blocco degli investimenti sulle opere pubbliche e al peso ormai insostenibile della burocrazia”; sarebbe un errore sottovalutare la situazione di crisi del settore, che potrebbe ulteriormente peggiorare nel 2020, e che finora (dal 2008) è costata 620mila posti di lavoro persi e 120mila imprese chiuse.