Pietro Scoppola, un grande e qualificato storico cattolico, diceva che il rapporto tra i cattolici e l politica è sempre stato una sorta di “historia dolorum”. E così è, di fatto. Un rapporto storicamente molto complicato ma che, tuttavia, ha sempre segnato ed accompagnato l’evoluzione della storia democratica del nostro paese. Non è un caso, del resto, che proprio la presenza e il ruolo dei cattolici in politica è sempre stato uno dei temi al centro del dibattito politico e culturale. Certo, se dobbiamo rileggere le diverse fasi storiche che hanno segnato e condizionato la stessa democrazia italiana non si può prescindere dall’apporto e dal contributo di qualità dei cattolici. Una presenza che per quasi 50 anni, come tutti sanno, si è riconosciuta prevalentemente nel partito della Democrazia Cristiana per poi diluirsi in varie formazioni politiche dopo la fine della prima repubblica e la cancellazione del sistema elettorale proporzionale. Ma, a di là della formazione di nuovi partiti e dell’avvento del bipolarismo - purtroppo sfociato anche nella deriva degli “opposti estremismi” - la storia e il ruolo dei cattolici continuano a far discutere. E questo per la semplice ragione che quando si parla di cultura di governo, di qualità della classe dirigente e di approccio riformista non si può non pensare ai cattolici. Cattolici democratici, cattolici popolari e cattolici sociali. E, non a caso, da tempo ormai assistiamo ad una sorta di rimpianto di una stagione che aveva, comunque sia e seppur tra alti e bassi, contribuito a fare crescere il nostro paese in una cornice profondamente democratica e sempre rimanendo fedeli ai valori e ai principi costituzionali. Perché se si vuole contribuire a rinnovare la politica italiana attenuando quella radicalizzazione che dura da ormai troppo tempo e che caratterizza il confronto quotidiano tra i vari partiti, non si può non recuperare una cultura, un pensiero e una tradizione di matrice cattolica. Che sono stati decisivi non solo nella costruzione della democrazia nel nostro paese ma addirittura determinanti per conservarla e radicarla nella pubblica opinione nelle diverse fasi storiche. Purché questa cultura non si limiti a giocare un ruolo del tutto marginale e periferico nel dibattito politico, nella vita dei partiti e nelle rispettive coalizioni. Come, purtroppo, è concretamente capitato in questi ultimi anni. Ora, è di tutta evidenza che un eventuale ritorno alla politica e all’impegno pubblico dei cattolici non può non coincidere anche con un rilancio di quella che la miglior cultura democratico cristiana definitiva come “la politica di centro”. Ovvero un progetto politico che era in grado d saper coniugare una efficace cultura di governo con una ricetta riformista nel pieno rispetto d pluralismo politico e senza mai radicalizzare il confronto politico nel paese. Una “politica di centro” che, semplicemente, oggi manca nel nostro paese e che, purtroppo, non riesce a far breccia con le attuale forze politiche principali. E questo capita in un paese dove, come diceva uno degli ultimi maestri del cattolicesimo democratico, Guido Bodrato, “si vince al centro” e, soprattutto, “si governa dal centro”. E malgrado ciò continui ad essere una legge politica non scritta ma in vigore, un luogo/partito/movimento politico centrista, riformista, democratico e di governo stenta a farsi largo. E tutti i tentativi sino ad oggi messi in campo si sono arresi di fronte ad un assetto che era, e resta, sostanzialmente estraneo rispetto alle dinamiche che hanno contraddistinto la politica italiana dal secondo dopoguerra in poi. Ecco perché l’attuale dibattito sul rapporto tra i cattolici e la politica e, soprattutto, sulla necessità di rilanciare e riscoprire un progetto politico di marca centrista, non è un tema destinato a cadere nel vuoto. Tutto dipende anche dalla volontà e dal coraggio dei cattolici che vogliono intraprendere questa strada. Perchè in discussione non c’è soltanto la riscoperta di una cultura politica ma anche, e soprattutto, la difesa e la salvaguardia della qualità della nostra democrazia, la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e l’efficacia della stessa azione di governo.
Giorgio Merlo