Venerdì 3 maggio 2024, ore 19:53

Mostre

Willem de Kooning "torna" in laguna

di MARIA LUCIA SARACENI

Nel 1950 Willem de Kooning, già considerato un maestro dell’espressionismo astratto americano, presenta alla Biennale di Venezia “Excava tion”, un grande olio su tela, ispirato al cinema neorealista italiano, in particolare a “Riso amaro” di Giuseppe De Santis.

Ora de Kooning “torna” in laguna. E sono la luce e i colori dell’Italia ad animare le sue opere in mostra dal 17 aprile fino al 15 settembre alle Gallerie dell’Accademia di Venezia in concomitanza con la 60.ma Biennale Internazionale d’Arte. L’esposi zione, dall’emblematico titolo “Willem de Kooning e l’Italia”, è un viaggio nella visione di uno degli artisti più rivoluzionari e influenti del XX secolo, che ha il pregio di esporre non solo le immense tele ma anche le sculture, altrettanto potenti e suggestive così come i disegni del maestro.

I due curatori, Gary Garrels e Mario Codognato, hanno portato a Venezia quattro decenni dell’attività di de Kooning.

Nato a Rotterdam nel 1904 e giunto negli Usa nel 1926, dopo essersi imbarcato clandestinamente su una nave, l’artista giunse in Italia la prima volta nel 1959, anno che segnò anche il suo primo ritorno in Europa. In quell’anno si recò a Venezia e a Roma. Nel 1969 a Spoleto e poi nuovamente a Roma dove frequenta artisti come Piero Dorazio, Toti Scialoja, Afro, Alberto Burri. In questi anni produce molte opere in bianco e nero su carta all’insegna della sperimentazione di materiali e tecniche. Il 1959 è un anno di svolta che troverà piena forma con il ritorno a New York e i grandi quadri astratti.

Sperimentatore immenso e apprezzato: la sua tela “Interchange” del 1955, capolavoro dell’arte astratta che rappresenta un paesaggio, ha detenuto per anni il primato di opera più cara mai venduta (300 milioni di dollari nel 2015).

De Kooning può finalmente essere ammirato nell’intera gamma della sua creatività espressiva. L’esposi zione veneziana riunisce 75 opere ed è la prima che esplora il profondo impatto che questi soggiorni ebbero sulle opere successive: dipinti, disegni e sculture che de Kooning eseguì successivamente in America. L’effetto a lungo termine di questi due periodi creativi è testimoniato da un’eccezionale selezione di lavori, che vanno dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Ottanta. Esposti insieme, per la prima volta, anche tre dei “Pastoral Landscapes” più noti di de Kooning: “Door to the River”, “A Tree in Naples” e “Villa Borghese”. Dipinti a New York nel 1960, dimostrano in modo evidente appunto i persistenti ricordi del suo viaggio. Questa sezione della mostra comprende anche grandi opere figurative della metà degli anni Sessanta che hanno aperto la strada al suo interesse per la scultura. In uno spazio dedicato alla scultura si possono ammirare tredici piccoli bronzi che de Kooning realizzò a Roma. Creati dopo un incontro casuale con un amico scultore, sono il risultato dei primi esperimenti dell’artista con l’argilla che lo portarono a produrre un consistente corpus di opere a New York tra il 1972 e il 1974.

La mostra stabilisce anche un dialogo tra pittura e scultura con i disegni di de Kooning degli anni Sessanta e Settanta. Le opere più significative includono quattro disegni a inchiostro che de Kooning eseguì a Spoleto nel 1969, presentati insieme a una selezione complementare di lavori intimi e gestuali, concettualmente legati alle sculture, in cui l’artista frammenta la figura, lasciando spesso spazi vuoti contrapposti a linee vigorose.

Nel 1952 Harold Rosenberg coniò il termine “Action Painting”, in cui “azione” sta per affermazione di esistenza e resistenza al caos della vita moderna. Un concetto che più tardi fu conosciuto come “espressionismo astratto”; e nel caso di de Kooning si applica in due sensi: nella gestualità libera e spontanea e nella totale assenza di premeditazione, nel suo fare e disfare continuamente l’immagine sulla spinta dell’impulso.

L’allestimento veneziano si conclude con una selezione degli ultimi dipinti di de Kooning realizzati negli anni Ottanta, in cui il linguaggio della forma tridimensionale viene trasfigurato in una nuova poesia astratta. In questi lavori i riferimenti figurativi sono più vaghi e caratterizzati da tonalità con dominanti bianche, bilanciate da bande e aree dai colori brillanti. Sono tra le opere più sublimi di de Kooning, in cui riecheggiano accenni alla composizione barocca. Per creare il suo lessico personale, spiegano i curatoti, “Willem de Kooning attingeva alla cacofonia dell’eccita zione visiva, alla luce e al movimento della vita quotidiana. L’im patto di ogni esperienza visuale poteva tradurre o generare un’i dea per realizzare un nuovo disegno o un nuovo dipinto”.

Per tutto questo De Kooning, morto a New York nel 1997, è considerato uno dei grandi innovatori americani.

E la sua storia di sperimentatore continua a essere di vitale ispirazione per molti artisti contemporanei, oltre che per gli studenti e per i giovani in generale.

( 22 aprile 2024 )

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