Venerdì 17 maggio 2024, ore 11:56

Libri

L’Italia mancata di Carmen Pellegrino

di ALESSANDRO MOSCÈ

Carmen Pellegrino, con Dove la luce (La nave di Teseo, 2024), ha scritto un libro che presenta diverse peculiarità da un punto di vista formale, tanto che non può considerarsi un vero e proprio romanzo, ma un patchwork plasmato con dovizia di particolari. In queste pagine fluiscono varie riflessioni, la stessa autobiografia, una fetta di storia del secondo Novecento e soprattutto la misteriosa scomparsa del professor Federico Caffè, economista che nell’aprile del 1987 decise di allontanarsi da casa non dando più notizie di sé. Si allontanò dal suo appartamento di Monte Mario, a Roma, prima che sorgesse l’alba, indossando il miglior cappotto e lasciando a casa gli occhiali e i documenti. Ancora oggi l’immagine del celebre insegnante è avvolta dal mistero. Nella narrazione, Milo, un senza tetto che ha perso tutti i suoi averi, accompagna Caffè nel viaggio immaginario verso l’A bruzzo dove poter soggiornare al riparo da occhi indiscreti. I due si sono conosciuti alla mensa dei poveri e hanno stabilito una magica complicità. Scrive Pellegrino alludendo alla propria famiglia, spesso il focal point delle molecole narrative: “Allora, forse, io scrivo per tutti quelli che nella mia famiglia non hanno potuto farlo. Leggo per tutti quelli che non sapevano leggere, ma avrebbero voluto entrare in quei mucchi di segni incomprensibili attraverso i quali spesso venivano ingannati, frodati, umiliati da chi aveva avuto la scuola”. Attraverso delle missive, anch’esse immaginarie, il professor Caffè si rivolge ad un’amica, Adolphine, rivelando tutto il suo sentimento di generosità e attenzione per l’altro. Di fatto aveva già dichiarato il fallimento della società italiana sommersa da crack bancari, finanziari, politici, da un capitalismo privo di regole, da un indebitamento pubblico fuori controllo e dalla mancanza di una dirittura morale in grado di imprimere un cambio di rotta. Siamo nell’epoca convulsa delle stragi di Ustica e della stazione di Bologna, dei depistaggi e degli occultamenti che hanno macchiato la cronaca degli anni Ottanta. Carmen Pellegrino, stimata specie per gli studi sui paesi abbandonati, si affaccia sui luoghi dell’infanzia e si sofferma a descrivere soprattutto la figura del padre, dedito alla cura di un giardino di ulivi e palme, di abeti e pergole di uva fragola, tra bossi, trifogli e pungitopo che compongono le siepi. Annota su Postiglione: “Sono tornata al paese e sto qui come ad ogni Natale da che sono al mondo. Mi aggiro per le enormi stanze vuote. C’è l’as senza che pesa. Mia madre non si alza dal letto, non lo farà mai più.

C’è questa mia forzata allegria per tenere su le mura. Ci riesco bene”. Pellegrino parla della “cittadella interiore” di Marco Aurelio, del bisogno umano di abitare uno spazio con qualcuno per non sentirsi esclusi e per continuare a vivere nella solidarietà (sull’esempio di Caffè). Colpisce la motivazione con la quale Gad Lerner ha proposto Dove la luce al Premio Strega: “Una riuscita, felicissima impresa che sulla carta avrei creduto pretenziosa: affrontare senza narcisismo ombelicale le dinamiche familiari, l’autocoscienza di una donna nata in un paesino del sud (non sarà un caso se ormai le scrittrici meridionali fanno da battistrada alla narrativa italiana), intrecciandole con la ricerca storica che resta la seconda attività della scrittrice”. Una terrestrità, quella di Carmen Pellegrino, misurata facendo leva sull’antropolo gia e sulla cosiddetta sottostoria, aspetti che dicono ancora molto sull’identità del nostro Paese.

( 2 maggio 2024 )

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