Una frase breve e beffarda in una vignetta che spunta da dietro un angolo come un soffio di fumo stilizzato. Non c’è dubbio: si annuncia Corto Maltese, che apparirà non sempre nella vignetta successiva. A volte il lettore dovrà pazientare per intere tavole. Normale per un personaggio che al suo primo apparire non fu protagonista ma solo figura di secondo piano.
1967. “Il Corriere dei Piccoli” stava subendo una delle ripetute mutazioni che ne facevano la testata di punta per il pubblico dei lettori giovanlisimi, quando questi non erano ancora passati al computer, ai videogiochi e al sesso online. Per quel periodico lavoravano alcuni tra i più grandi autori di fumetti italiani. Dino Battaglia, Aldo Di Gennaro e Hugo Pratt. Quest’ultimo avvolto da un alone di esotismo. Riminese, con un’infanzia africana e lunghi soggiorni in Sudamerica (Argentina e Brasile) inframezzati da una pausa londinese. Per il “Corriere”, Pratt aveva già creato una serie avventurosa, “Anna della giungla”, che riproponeva il ritmo e l’accuratezza di dettagli del miglior Jules Verne, in particolare il romanzo “Un capitano di quindici anni”. Anche gli eroi di Pratt sono ragazzi: Anna e Daniele, figli di diplomatici coloniali nel continente nero alla vigilia della prima guerra mondiale. Fra ascari, cacciatori di avorio e mappe di città perdute, i fumetti di Pratt anticipano alla lunga Indiana Jones. Un periodo magico, il primo decennio del Novecento, dove gli ultimi scampoli dell’Ottocento ancora vergine di scoperte e senso del meraviglioso si scontra con i primi prodigi tecnologici della modernità, dai biplani ai dirigibili, dal telegrafo alla mitragliatrice. La guerra si configura come un’apocalisse e l’Africa coloniale è un immenso incubatore di contenziosi tra le grandi potenze, anche se la miccia si accenderà sul continente europeo. Anna e Daniele vedono tutto ciò con la limpidezza di adolescenti che vogliono capire il mondo.
Un atteggiamento che, nutrito di esperienza e maturità, sarà lo stesso di Corto Maltese. La sua prima comparsa non è delle più decorose. È legato a una zattera pericolante, quando viene avvistato dal lunatico capitano Rasputin. In quel 1967, Pratt pubblicava sul “Corriere dei Piccoli” l’avventura oceanica, destinata a divenire un classico non solo del fumetto: “Una ballata del mare salato”. Dopo il suo avvento nella vicenda, Corto Maltese si segnala soprattutto per le sue origini bislacche. La madre è una prostituta gitana, proveniente dall’Andalusia, il padre un marinaio di Cornovaglia, terra di stregati retaggi celti. Per il resto, Corto non fa granché oltre a sopravvivere sulla nave dei folli del capitano Rasputin. Si precisa così dall’inizio la sua fondamentale natura di anti-eroe.
In ciò è tipicamente italiano, espressione di un taglio pragmatico dell’individuo, che si contrappone al senso cavalleresco degli anglo-americani, al panache, la spacconeria, francese e al superomismo tedesco. Corto non difetta di coraggio, tutt’altro, però lo serba per i momenti in cui è inevitabile, che sul piano della trama sono i più inattesi. Insomma, il senso dell’improvvisazione, sotto l’egida dello stellone. Lui che italiano non è, vive pur sempre sotto le chine di un italiano. Pratt dota Corto di una personalità in bilico tra il levantino/mediterraneo (l’arte di arrangiarsi) e la vocazione alla sfida (tipica dei popoli nordici). Personaggio di confine, frutto di una cultura di confine come quella italiana. Anche il suo rapporto con Rasputin si colorirà nel tempo di sfumature compromissorie: nella vita reale non esistono nemici eterni, semmai antagonisti, e tali saranno, fino a ritrovarsi poi fianco a fianco contro avversari e circostanze più grandi di tutti e due.
Come Anna della giungla, Corto si ritrova calato nel mondo tempestoso che precede la Grande Guerra. “Una ballata del mare salato” si svolge tra il novembre del 1913 e il gennaio del 1915. Le avventure successive s’intrecceranno col conflitto vero e proprio, fino a spingersi nei focolai dimenticati degli anni ‘20 e ‘30. La Guerra d’Etiopia, l’invasione giapponese della Manciuria, la rivoluzione messicana e così via. Dovunque c’è azione, appare Corto, col suo berrettino a visiera da ufficiale di marina senza gradi, l’orecchino, le basette lunghissime e i pantaloni a zampa d’elefante, entrambi di moda fino agli anni ‘70 e ora di ritorno. Le sue non sono irruzioni, sulla scia della tradizione consolidata dei protagonisti avventurosi, non entrate da primo attore. Semmai passaggi di soppiatto, a volte persino inavvertibili, se non dai lettori più attenti. Corto fa così parte dell’universo a fumetti di Hugo Pratt, è così parte dell’autore che questi a volte non ha bisogno di farlo apparire dichiaratamente in una storia. Basti sapere che dietro le quinte c’è Corto.
Beninteso, il maltese prima o poi si presenta in carne ed ossa, più in carne all’inizio e più in ossa dopo, quando la sua figura si è snellita e allungata. Per lui si tratta quasi sempre di chieder conto dei propri interessi, dato che un individuo dalla vena mediterranea non lascia mai niente nel piatto. Altre volte invece è lui che deve renderlo a chi l’ha assoldato. Cercatori di tesori che Corto ha cercato di fregare, contrabbandieri d’armi che per colpa sua ci hanno rimesso un carico, ricchi collezionisti ebrei che gli hanno commissionato il ritrovamento di qualche prezioso cimelio. Questa è l’umanità con la quale si confronta Corto. Ed è visibilmente nutrita dei ricordi reali di Hugo Pratt, che girando i continente ha conosciuto gente di ogni risma, ha vissuto sulla sua pelle il motto di Vinicius de Moraes “la vita è l’arte dell’incontro”. Con un corredo vivente del genere è impossibile non arricchirsi dentro. Per giunta, basta un campionario così assortito e la trama, l’intreccio, l’intrigo, scaturiscono automatici. Dunque, il talento da avventuriero di Corto è un riflesso di quello da narratore di Pratt, che l’ha coltivato nell’esperienza della sua vita e non a tavolino come molti artigiani dell’evasione.
In questa “autenticità” di Corto stanno vizi e virtù del personaggio. Che ad onta del suo tratto essenziale, scarno, è ricco di variegature e spessori. Si sente che molti episodi in cui incappa sono nient’altro che affabulazioni di fatti privati di Pratt. Eppure Corto non è il suo alter-ego. Nemmeno un pretesto per inscenare vicende che sarebbero poco plausibili con un everyman, un individuo comune, al centro. Corto è tagliato su misura per una concezione dell’avventura a tutto tondo, dove il coraggio si sfodera solo per solide motivazione e nessuno compie nulla più di ciò che è materialmente nelle proprie possibilità. Il contrario del cliff-hanger, l’eroe sospeso sul bordo di un precipizio nei serial cinematografici americani per ragazzi degli anni ‘30 e ‘40, proiettati il sabato mattina. Per questa sua veridicità, Corto è forse più per adulti di tanti fumetti erotici di bassa lega. Solo un bagaglio di esperienze, vita e cultura possono far apprezzare al meglio la ricchezza di riferimenti storici, politici, o soltanto interiori, delle storie di Corto. E il suo sesso curioso, mai esplicito, anche quando è presente. Già, ma Corto che tipo è con le donne?
Meno fascinoso di quanto non lo abbia dipinto l’opinione comune. Certe volte gli va male. Né lui ci prova a oltranza. Di certo non si sottrae alle suggestioni maliarde di giovani fattucchiere brasiliane, streghe di ogni latitudine e avventuriere nei guai. Però si esaurisce tutto con la fine dell’episodio, come d’obbligo. Se non altro, Corto Maltese non è un personaggio tutto al maschile, come Tex. E anche quest’ultimo, dopo anni da single pare abbia trovato una compagna. Corto ne ha avute tante, e ognuna ha contato non solo per le emozioni e la passione, ma anche per ciò che ha aggiunto alla conoscenza degli esseri umani del protagonista.
Nel 1982, l’eroe di Pratt fu portato sulle scene teatrali, in una produzione della Compagnia del Teatro Regionale Toscano, diretto da Mario Mattolini. Il copione era firmato dal regista con lo stesso Pratt e Alberto Ongaro, grande sceneggiatore di fumetti veneziano e scrittore in proprio. Corto Maltese era interpretato da Gerardo Amato, fratello di Michele Placido, affiancato da Alessandro Benvenuti nel ruolo di Rasputin e Athina Cenci in quello di Bocca Dorata (all’epoca ambedue “Giancattivi). Tra colpi esotici di percussioni nella colonna sonora e scenografie allusive –più che altro dichiarati fondali a fumetti– si perdevano le implicazioni più vaste del Corto a fumetti, tra storia e geografia. Perché quelle vignette talvolta così compresse di Pratt presuppongono in realtà scenari incredibili, dall’Amazzonia al Gobi. Il Corto teatrale era più la rilettura sociologica di un fenomeno, che un omaggio al cult. Ciò che non impedì allo spettacolo di ottenere un grande successo dopo la prima a Pistoia, nel novembre dell’82.
In fondo, esiste una presa immediata, avvincente della lettura che conquista anche i ragazzi. Con Corto, Pratt ha dato loro un vero eroe, col quale è possibile identificarsi senza il bisogno di raffigurarlo in abito blu, occhiali e una calzamaglia rosso e blu nascosta sotto i vestiti. Il berrettino con la visiera, l’orecchino e i basettoni sono tratti altrettanto riconoscibili di una leggenda, una leggenda italiana finalmente.