Sale la protesta nei ministeri contro il taglio al salario di produttività che culminerà con la manifestazione nazionale di sabato 28 novembre. La legge di stabilità "produce un danno economico strutturale a questi lavoratori di circa 80 milioni", dicono Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa, indicendo assemblee e presidi a fine turno in tutti i ministeri e uffici così programmati: il 5 novembre Mipaaf e Avvocatura dello Stato; il 6 Ambiente, Mise, Mit e Salute; il 9 Lavoro ed Esteri; l’11 Difesa e Miur; il 12 Mibact e Mef; il 13 Giustizia (comprese Amministrazione penitenziaria e Giustizia minorile) e Interno.
I motivi di questa protesta si affiancano alla richiesta di "un vero rinnovo" del contratto. "Chiediamo al Governo il ripristino immediato, pieno e totale delle risorse destinate alla produttività. Non ci fermeremo fin tanto che i lavoratori non avranno indietro i loro soldi e un rinnovo di contratto dignitoso", affermano in una nota unitaria Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa. "Il Governo - spiegano - con il disegno di legge di stabilità 2016 rende definitivo lo scippo ai danni dei lavoratori ministeriali compiuto con la legge di assestamento di bilancio 2015 che ha cancellato le risorse destinate per contratto all’incremento della produttività e al miglioramento dei servizi. Non solo dunque si nega un rinnovo di contratto dignitoso, ma addirittura si taglia il salario ai dipendenti dei ministeri". Il Governo, proseguono le tre sigle del pubblico impiego, "cancella infatti le risorse utilizzate per retribuire le turnazioni, la reperibilità, le indennità ed altri strumenti che garantiscono le aperture straordinarie e il funzionamento di tutti gli uffici pubblici". Si tratta di "attacchi - concludono - che ancora una volta penalizzano fortemente i lavoratori e i servizi pubblici".
"Se non ci saranno risposte sia sul fronte degli aumenti salariali, sia sulla riapertura della stagione di rinnovo dei contratti e se non verrà liberata dai vincoli esistenti la contrattazione decentrata, strumenti essenziali per migliorare l’organizzazione del lavoro e la qualità dei servizi pubblici, verrà proclamato lo sciopero di tutti i settori pubblici e della scuola - insistono in una nota i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Serena Sorrentino, Maurizio Bernava e Antonio Foccillo - per chiedere al Governo di cambiare le scelte che unilateralmente ha inserito nella legge di stabilità, mortificando sia la dignità professionale che la condizione economica dei lavoratori". I lavoratori pubblici "si mobiliteranno con il sostegno delle confederazioni", affermano ancora, sottolineando che "contrattazione vuol dire trasparenza, invece, con scelte unilaterali si producono solo iniquità e discriminazioni. Il sindacato continuerà la propria mobilitazione fino a che ai lavoratori pubblici non sarà restituito il diritto al contratto, alla contrattazione e ad un giusto salario".
In una nota unitaria, i leader di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, mettono nero su bianco le proprie richieste, considerando del tutto insufficienti le risorse indicate in legge di stabilità per la contrattazione pubblica. "Il Governo la smetta con le provocazioni e apra il tavolo. Fare un nuovo contratto - affermano - vuol dire investire nelle professionalità, nell’innovazione organizzativa, nella qualità dei servizi. Per i lavoratori pubblici chiediamo un rinnovo dignitoso che, dopo sei anni di paralisi totale, per noi significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il Governo. Chiediamo contratti per rimettere in moto servizi alle famiglie e alle imprese, accrescendo la partecipazione, e rispettando il senso di quel richiamo della Corte Costituzionale che con questa legge di stabilità si vorrebbe di fatto ignorare: è con i contratti che si rilancia il cambiamento. E se per far arrivare il messaggio servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti". "Sei anni di sottrazione di risorse spacciata per razionalizzazione della spesa e di mancati investimenti nella qualità del lavoro pubblico -proseguono i sindacati - sono più che abbastanza. I servizi pubblici continuano a deteriorarsi quando invece dovrebbero dare una spinta decisiva alla ripresa economica e offrire risposte valide contro la marea montante del malcontento sociale. E il Governo che fa? Ancora una volta scarica costi e responsabilità sui lavoratori pubblici, mettendo sul piatto una proposta di contratto che non merita questo nome. Evidentemente considera la contrattazione come un’attività residuale nella quale non vale la pena investire. E che è meglio confinare su un terreno sempre più ristretto per gestire sempre più materie a colpi di leggi e decreti". "Noi diciamo invece - concludono i sindacati - che liberare la contrattazione è l’unico modo per produrre innovazione vera, partecipata dai lavoratori pubblici, e riportare la Pa in linea con le esigenze reali del Paese".