lI premier Draghi ha convocato i leader di Cgil, Cisl e Uil per la mattina del 12 luglio a Palazzo Chigi. Sul tavolo i nodi più caldi della crisi economica in corso, dal taglio del cuneo fiscale con cui aumentare i salari alla riforma del fisco passando per il caro bollette e gli interventi a sostegno delle famiglie in questo momento delicato.
In quell'occasione il ministro del Lavoro Orlando formalizzerà la sua proposta sul salario minimo: ”Legare il salario minimo al trattamento economico complessivo, settore per settore. Il quadro che ci offre la direttiva ci aiuta, attendo una risposta formale dalle forze politiche e sociali”.
Da parte sua Confcommercio lancia un allarme: le spese obbligate delle famiglie non sono mai state così alte: il 43% dei consumi totali, in aumento del 6,3% dal 1995 ad oggi. Nel 2022 oltre 1.850 euro pro capite sono destinati alle bollette di elettricità, gas e ai carburanti. Inflazione e aumenti dell'energia ”mangiano” i consumi. Il desiderio di ritorno alla normalità sta sostenendo, in questa prima parte dell'anno, i consumi delle famiglie con alcuni comparti in forte recupero - come il turismo e l'area della convivialità e del tempo libero - ma ci sono settori che ancora stentano, come l'automotive e l'abbigliamento. Un quadro che rischia un forte rallentamento, soprattutto dopo l'estate, a causa dell'impatto sul potere di acquisto delle famiglie dell'inflazione, prevista intorno al 7% nel 2022, degli aumenti dell'energia e delle spese obbligate. Su un totale di consumi all'anno di oltre 19mila euro pro capite, per le spese obbligate se ne vanno 8.154 euro (+152 euro rispetto all'anno scorso), tra queste spese, la quota principale è rappresentata dalla voce abitazione (4.713 euro) ma il contributo maggiore all'incremento complessivo viene dall'aggregato energia, gas e carburanti (1.854 euro) che, nella media del 2022, raggiunge un'incidenza sul totale consumi del 9,7%, valore mai registrato prima. Questo - secondo l'associazione - avrà l'effetto di comprimere la spesa su molte aree delle spese libere con il rischio di deteriorare il clima di fiducia attuale e prospettico.
Intanto, fallita anche l’ultima mediazione il Governo ha deciso di porre alla Camera la questione di fiducia sul dl Aiuti. Il voto è in programma giovedì. Poi verranno esaminati gli ordini del giorno al testo. Dopo il via libera della Camera, il testo passerà al Senato, che avrà pochi giorni per esaminarlo prima della scadenza, il 16 luglio.
La fiducia viene posta sul testo del dl Aiuti uscito dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, senza ulteriori modifiche. Resta dunque lo stop al rifinanziamento del Superbonus e restano i fondi per la costruzione del termovalorizzatore a Roma, decisioni entrambe osteggiate dal Movimento 5 Stelle.
E ieri, prima della discussione in Aula del dl Aiuti si è svolto a Palazzo Chigi l’attesissimo faccia a faccia, durato oltre un’ora, tra Draghi e Conte. “Nel M5S c'è profondo disagio per gli attacchi pregiudizi nei nostri confronti. Restiamo al Governo, ma serve un forte segno di discontinuità”, ha detto Conte, che ha presentato al premier le richieste concordate al Consiglio nazionale del Movimento. Un documento che contiene nove punti: dalla difesa del superbonus (una delle ipotesi è quella di inserire le correzioni in un emendamento al dl semplificazioni fiscali) al salario minimo, da misure sull'agenda sociale ad una conferma del reddito di cittadinanza. Richieste con le quali si vincola l’appoggio del Movimento al Governo. Per l’ex premier di fronte all’aumento dei prezzi di energia e gas ”occorre intervenire immediatamente con un intervento straordinario, 200 euro non bastano”. Sul decreto Aiuti ”abbiamo anticipato la nostra posizione in Cdm non partecipando al voto: c’è una norma che non c’entra nulla e va contro la tradizione del M5S. Noi non siamo qui per predicare la transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte”.
Palazzo Chigi definisce l’incontro ”positivo e collaborativo”, annunciando un altro confronto ”prossimamente”. E ”molti dei temi sollevati si identificano in una linea di continuità con l’azione governativa”.
Il premier intanto farà le proprie valutazioni. Dal centrodestra, il leader della Lega Salvini non gradisce che il Governo apra una strada privilegiata per i pentastellati; e ribadisce il no alle proposte del centrosinistra su ius scholae e cannabis. Critiche al M5S anche da parte di Italia Viva. Nel Pd si fa notare che il Governo è istituzionale ed è dunque difficile chiedere ”discontinuità”. Ma l’attacco più duro a Conte arriva dai suoi freschissimi ex colleghi di partito che hanno aderito a Insieme per il Futuro del ministro degli Esteri Di Maio: ”Continua il teatro di Giuseppe Conte che si conferma uomo dei penultimatum. Prima il no dell'invio delle armi, poi il voto a favore. Prima le minacce di uscire dal Governo, poi il passo indietro. L'unico risultato che ha ottenuto è stato creare confusione e far slittare il Dl Aiuti che vede 23 miliardi per gli italiani”: queste le parole del deputato Serritella per il quale ”abbiamo tutti perso tempo prezioso. Il resto è un elenco di banalità, considerato che il Governo sta già lavorando per gli italiani in ogni modo possibile e non aspetta di certo le minacce di andare al voto del Movimento 5 Stelle”.
Insomma, la tensione nella maggioranza non accenna a diminuire. Anche perché nel M5S c’è pessimismo sulla possibilità che il premier possa aprire alle richieste avanzate da Conte. E mentre un'ala pentastellata - la più numerosa - punta ad uscire, c’è anche una parte del Movimento - soprattutto alla Camera - che, invece, non vorrebbe togliere l'appoggio al Governo.
Giampiero Guadagni