Il coronavirus continua a produrre danni enormi e sta spingendo l’economia italiana verso la recessione. Se c’è un risvolto positivo, tuttavia, è quello di aver ammorbidito le anacronistiche resistenze del sistema italiano nei confronti dello smart working. Nel privato e nel pubblico. Sul fronte della Pa, la ministra Dadone ha emanato una direttiva che invita a spingere sul lavoro agile in favore del personale complessivamente inteso e sul lavoro flessibile, con un occhio di riguardo per i dipendenti delle Pa affetti da patologie pregresse, che usano i trasporti pubblici o che hanno carichi familiari ulteriori connessi alle eventuali chiusure di asili e scuole dell'infanzia. Si chiede inoltre di svolgere con modalità telematiche, ove possibile, riunioni, convegni e momenti formativi. Una modalità che va scelta anche per missioni nazionali e internazionali, “escluse quelle strettamente indispensabili”. Sono previste inoltre: misure organizzative ad hoc per le prove concorsuali, in modo da evitare un'eccessiva vicinanza tra i candidati; il rafforzamento della pulizia e dell'aerazione dei locali di lavoro; la raccomandazione di evitare sovraffollamenti, ma anche una maggiore dotazione di presidi di igiene e, soltanto per specifiche attività e laddove l'autorità sanitaria lo prescriva, di protezione individuale come mascherine e guanti monouso. Infine, si chiede la diffusione del decalogo di regole di comportamento utili alla sicurezza dei pubblici dipendenti e dell'utenza.
I datori di lavoro pubblico che non insistono sulle aree coinvolte nell'emergenza, sottolinea la direttiva, “portano avanti la loro attività e continuano a erogare i servizi in modo regolare”. La direttiva potrà comunque essere integrata o modificata in ragione dell'evoluzione dell'emergenza sanitaria.
“Siamo di fronte a un documento di indirizzo - ha spiegato la ministra Dadone - che forniamo alle amministrazioni a tutela di lavoratori e cittadini. Stiamo mettendo in atto tutte le misure che servono a bilanciare l'imprescindibile esigenza di proteggere la salute e garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro con la necessita' di mandare avanti la complessa macchina dello Stato e di assicurare i servizi essenziali, di cui il Paese ha comunque bisogno. Ma stiamo anche lavorando a una norma che possa dare piena protezione professionale ai dipendenti della Pa che saranno costretti ad assentarsi per cause di forza maggiore. Andiamo avanti con decisione e razionalità per rispondere al meglio all'epidemia da coronavirus”.
Il lavoro agile, come detto, ha avuto a causa del coronavirus una forte spinta anche nel privato. Gli spazi per una maggiore diffusione sono teoricamente amplissimi. I dipendenti italiani potenzialmente occupabili in smart working (manager e quadri, professionisti, tecnici e impiegati) sono 8,36 milioni. Lo calcolano i Consulenti del lavoro. Se ad un terzo di questi fosse concessa la possibilità di lavorare saltuariamente o stabilmente da casa, si supererebbero i 2,7 milioni di lavoratori coinvolti. In Europa questa modalità di lavoro è molto diffusa. In Italia solo 354mila persone lavorano in smart working.
I. S.