Dopo i 321 voti a favore incassati alla Camera, nella sfida decisiva del Senato il governo Conte ha toccato quota 156, sotto la maggioranza assolta di 161, compresi tre senatori a vita. Alla fine di due giorni di dibattito e di voto l’area di maggioranza che sostiene il governo si è insomma ristretta in misura pericolosa.
Italia viva si è astenuta, ma Renzi si considera ormai all’opposizione anche se ieri, come aveva annunciato, ha votato la scostamento di bilancio in vista del decreto Ristori 5. Stessa scelta anche da parte del centrodestra che chiede a Mattarella di prendere atto che una maggioranza non esiste più e che si deve tornare alle urne. ”Ora l’obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza”, aveva twittato a caldo il premier subito dopo il voto di Palazzo Madama. E il Pd lo incalza proprio su questo. ”Occorre voltare pagina, rafforzare e ampliare la forza parlamentare di questo governo" afferma il segretario Pd Zingaretti.
All’ora di pranzo dunque vertice di maggioranza. Nel pomeriggio il premier è salito al Colle per riferire e fare il punto della situazione. Conte si è dato un paio di settimane di tempo per puntellare il governo, agevolando la costruzione di un gruppo parlamentare strutturato - centrista ed europeo - a sostegno del governo, arrivando dunque al Senato ad una maggioranza numericamente salda e politicamente non ”raccogliticcia”, che consenta di andare avanti evitando il pantano nelle commissioni parlamentari. Se e quando raggiungerà l’obiettivo, il presidente del Consiglio potrebbe mettere mano ad un rimpasto significativo (complicato dalle tensioni interne al Movimento 5 Stelle); oppure al Conte ter, ipotesi che non è affatto naufragata, anzi, aleggia nell'aria ed è, per alcuni ministri, l’unica possibilità per uscire dalle secche.
Da parte loro i sindacati tengono alta la guardia e chiedono a Conte, che li ha ringraziati per il contributo di questi mesi, di passare dalle parole ai fatti avviando quel confronto sul Recovery Plan invocato da settimane. Sostiene il segretario generale della Cgil Landini: ”I costruttori vanno cercati nel Paese e se la politica non recupera il ruolo delle parti sociali va a sbattere”. In particolare ”occorrono risposte immediate sulla proroga del blocco dei licenziamenti e sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Aggiunge il numero uno della Uil Bombardieri: ”Il sindacato chiede alla politica e al Governo di tornare immediatamente ad affrontare le questioni che riguardano il lavoro, l’occupazione e l’economia reale, per costruire un progetto condiviso di ripresa e sviluppo del Paese”.
Per la leader Cisl Furlan ”dobbiamo guardare innanzitutto ai numeri della pandemia, delle persone che ogni giorno purtroppo continuano a morire, le cifre preoccupanti dei tanti lavoratori che a marzo rischiano di essere licenziati”. Ecco perché ”il patto sociale che noi oltre un anno fa avevamo chiesto al presidente del Consiglio è oggi più che mai assolutamente necessario. Si esce da questa crisi solo attraverso un confronto ed un accordo forte che metta in evidenza cosa si deve immediatamente fare per ripartire dal lavoro, affrontando insieme ristori, Recovery plan, investimenti, rafforzamento della sanità, della scuola, riforme fiscali e della Pa, riduzione del divario Nord-Sud, blocco dei licenziamenti, ammortizzatori sociali, politiche attive”.