”Una fotografia impietosa dei nodi irrisolti del nostro paese aggravati dal Covid: precarietà in aumento, diseguaglianze sociali, giovani emarginati, famiglie in affanno, il settore industriale da ridisegnare. Serve un progetto paese condiviso con le parti sociali. Il Governo deve cambiare linea”, commenta la segretaria generale della Cisl Furlan.
Osserva il Censis: ”Privi di un Churchill a fare da guida nell'ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data, alla rissosità della politica e ai conflitti interistituzionali”. Il rischio, avverte il Censis, è che tutto questo si ripresenti il giorno dopo la fine dell’emergenza più grave di prima.
A pagare il conto soprattutto giovani e donne: per loro già persi quasi 500 mila posti di lavoro. Il blocco dei licenziamenti e la Cig in deroga hanno posto un argine al rischio di trasferire sui soggetti più deboli gli effetti della riduzione della produzione. Ma il debito pubblico è stato accresciuto in misura rilevante, ponendo un ulteriore fardello sulle prossime generazioni.
Ma cosa resterà dopo lo stato d'eccezione? Solo il 13%, è la risposta del Censis, è pronto a tornare a rischiare aprendo un’impresa. Ma l’imperativo ora è ripartire. Intanto in direzione di un nuovo schema fiscale ”perché non sono più tollerabili le distorsioni che pongono a carico degli onesti l’illegalità degli evasori”. In secondo luogo serve ”un ridisegno del sistema industriale e un ripensamento della qualità degli investimenti a sostegno della produzione, dell’innovazione, delle esportazioni”.
Ma soprattutto c’è uno tsunami occupazionale davanti”. Per il prossimo futuro vive con insicurezza il proprio posto il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, contro un più contenuto 28,6% dei lavoratori presso le grandi aziende.
C’è poi ”l’universo degli scomparsi: quello dei lavoretti, del lavoro casuale, del lavoro in nero, un universo indefinito stimabile in circa 5 milioni di persone che ruotavano intorno ai servizi e che hanno finito per inabissarsi senza rumore”.
Fondamentale la partita dei contratti. A giugno di quest’anno risultano in attesa di rinnovo 576 contratti collettivi, pari al 62% del totale dei contratti presenti nell'archivio del Cnel. Sono in attesa di rinnovo 10 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato e 3,2 milioni che lavorano nel pubblico, per un totale di lavoratori afferenti alla totalità dei contratti collettivi che raggiunge i 15,8 milioni. ”Particolarmente delicata”, per il Censis è la situazione dell'intero comparto pubblico, il quale è attualmente regolato da contratti scaduti e ancora non rinnovati, mentre l’attesa di rinnovo ha superato ormai, in media, i 18 mesi.
G.G.